di Flavio Tabanelli
Una sofferenza durata un’anno è oggi resa manifesta da uno sciopero, quello dei lavoratori minacciati di licenziamento dallo stabilimento che già nel 2011 richiese un tavolo di crisi. Allora era di proprietà della società Gambro (ex Dasco) e si parlò di 400 dipendenti a rischio. Oggi è di proprietà della società Vantive (che lo ha recentemente rilevato dalla Baxter) e si parla di 550 lavoratori.

Che ne sarà dell’intero distretto biomedico?

È sempre più evidente: non si tratta di un’altra crisi, ma di un’ennesima manifestazione di un processo di fondo, sul quale non si interviene in modo sistemico. Addirittura, negli ultimi anni, il settore ha dovuto gestire il bizzarro, ma sintomatico, fenomeno del payback, un altro anglismo utile a confondere chi potrebbe sospettare che le sofferenze riguardino anche lo stesso sistema sanitario, le cui forme di privatizzazione hanno mancato le promesse…

Ci presentiamo a questo nuovo presidio, come facemmo nelle precedenti occasioni, riproponendoci come interlocutori delle parti coinvolte.

L’anno passato ci sentimmo in dovere di intervenire

«poiché [fino a quel momento] nessuna autorità ha fatto riferimento al precedente del 2011, costituito dal minacciato licenziamento di quattrocento (400) lavoratori della Gambro (oggi Baxter)»

e sollecitati

«a ripubblicare il volantino che distribuimmo per l’occasione: “Sui Quattrocento della Gambro: I primi caduti sul fronte di una crisi annunciata?” »,

contenente sollecitazioni come la proposta paradigmatica di

«far rifiorire l’economia produttiva, sacrificando la finanza speculativa… di «proteggere alle dogane la produzione nazionale […] per eliminare gli ingiusti margini di profitto delle delocalizzazioni».

Aggiungemmo anche che:

«Urge una risposta alle minacce delle “politiche globali” delle multinazionali e alla perdita di poteri e competenze locali, sia d’impresa e di manodopera, sia sul piano del credito».