Al convegno “l’Italia sulla Nuova Via della Seta” tenuto da Regione Lombardia e MoviSol a Milano il 13 marzo, il sottosegretario Michele Geraci (a sinistra nella foto) ha risposto alle critiche di molti, compresi i media internazionali come Financial Times, Reuters, Handelsblatt e altri, sul fatto che per la prima volta un membro del G7 aderisce ufficialmente alla Belt and Road Initiative. “Una delle critiche che ci è stata fatta è: beh, l’Italia è il primo paese del G7, c’è il problema della trappola del debito. Queste due cose sono ovviamente contraddittorie, perché è proprio in quanto noi siamo un Paese del G7 e non un Paese a basso reddito, che il problema della trappola del debito è molto limitato”, ha osservato.

Con la firma del Memorandum d’intesa con la Cina, “non cambierà niente nelle nostre alleanze internazionali”, ha spiegato Geraci. Lo scopo del MoU è di promuovere le esportazioni e gli investimenti delle imprese italiane nella cornice della Belt and Road.

“Noi stiamo cercando di sviluppare il Sud sfruttando meglio questa geografia, che finora ci ha dato solo svantaggi, in un vantaggio: che è al centro del Mediterraneo e siccome finora l’Africa ci ha creato più problemi che opportunità, qui dobbiamo risvoltare il guanto con la collaborazione della Cina, ma, lo dico, anche del Giappone, con cui abbiamo parlato; due grandi potenze asiatiche che hanno grandi investimenti in Africa”.

Geraci ha ricordato che la Cina è la potenza che ha investito di più in Africa. “Non perché la Cina sia Babbo Natale, ma perché la Cina ha interessi economici. È la prima volta, forse nella storia dell’Africa, che l’interesse di chi investe – in questo caso la Cina che, ripeto, lo fa per i propri interessi commerciali – coincida con l’interesse dei paesi target, che per la prima volta forse possono cominciare ad avere uno sviluppo sociale ed economico sostenibile”.

A questo punto il Meridione “è il posto ideale per un investitore cinese, giapponese, che volesse approcciare l’Africa e può trovare una sponda in un sistema all’interno dell’Unione Europea, all’interno delle regole europee – ecco, per una volta anch’io dico qualcosa di positivo per l’Europa”. E quindi sviluppare “trasporti, infrastrutture ma anche ricerca, centri di sviluppo tecnologico e – non dimentichiamo – anche sull’energia”.

Rispondendo a una domanda sullo “tsunami” che provocherà il piano China Manufacturing 2025 sui settori della nostra industria che competono con quelli cinesi, Geraci ha risposto: “C’è un detto: quando spira il vento, c’è chi costruisce muri e chi costruisce mulini. Io preferisco i mulini. Perché il vento spirerà. Perché, come Lei ha ben delineato, e se fa un google su ‘China Manufacturing’… arriverà uno tsunami dall’Oriente che si potrebbe abbattere sul nostro manifatturiero, perché l’Italia ha un grado di similarità di prodotti molto alto con la Cina, il più alto tra i Paesi europei.

Fondamentalmente, il China Manufacturing 2025, che ha dieci settori industriali, può colpire più l’Italia che gli altri 27 paesi membri dell’UE. Quindi, io voglio essere il Paese che costruisce i mulini, così questo vento continuerà far girare le mie pale, a generare energia e cooperare, piuttosto che bloccare”.