La questione strategica prioritaria da affrontare oggi è se il “partito della guerra” transatlantico riuscirà a condurre il mondo verso “una catastrofe nucleare”, o se la pandemia di COVID “ci avrà insegnato in tempo che i problemi esistenziali dell’umanità possono essere risolti solo se li risolviamo insieme”. Questa è la questione posta da Helga Zepp-LaRouche in un articolo del 27 febbraio. Come evolverà la situazione dipenderà in gran parte dalla politica adottata dall’amministrazione Biden. Tuttavia, né la Russia e la Cina, né gli atlantisti europei si aspettano un grande cambiamento nella politica estera sotto l’amministrazione Biden rispetto a quella portata avanti dall’ex segretario di Stato Mike Pompeo.

Il presidente Biden ha dichiarato alla conferenza virtuale sulla sicurezza tenutasi a Monaco il 19 febbraio che voleva evitare un ritorno alla guerra fredda, dicendo che tutte le nazioni dovrebbero essere in grado di “determinare liberamente il proprio percorso senza la minaccia di violenza o coercizione”. Ma solo pochi giorni dopo, il generale Tod D. Wolters, comandante del comando europeo della NATO, ha definito la Russia “una minaccia esistenziale permanente per gli Stati Uniti e gli alleati europei”. Si può supporre che parli a nome dell’esercito degli Stati Uniti che rappresenta la continuità da un governo all’altro, indipendentemente da chi è alla Casa Bianca. Poi, il 26 febbraio, dopo meno di sei settimane al potere, l’amministrazione Biden ha effettuato la sua prima azione militare, bombardando la Siria orientale.

Nella sua analisi, la signora LaRouche ricorda che Donald Trump, nei primi anni della sua presidenza, aveva ripetutamente invocato buoni rapporti sia con la Russia che con la Cina, ma alla fine, non è stato in grado di prevalere contro quello che è noto come il “complesso militare industriale”, e alla fine del suo mandato, i rapporti con entrambe queste superpotenze avevano raggiunto il minimo storico. È improbabile che un’amministrazione Biden abbia la volontà o il potere di cambiare la situazione.

La Russia, in ogni caso, sta sollecitando Washington a tornare al principio, concordato da Reagan e Gorbaciov nel 1985, che una guerra nucleare non possa mai essere vinta, e quindi non debba mai essere scatenata. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha dichiarato pubblicamente il 24 febbraio di averne parlato con il suo omologo statunitense Antony Blinken nella loro prima discussione. In un momento in cui la NATO continua a espandersi fino ai confini della Russia, il pericolo di un’escalation fuori controllo non può essere sottovalutato.

Inoltre, sotto l’amministrazione Obama, l’attenzione delle forze armate statunitensi è stata spostata nella regione indopacifica come parte del cosiddetto “Asia Pivot”, esplicitamente progettato per contrastare l’ascesa della Cina nella zona. Questa priorità è stata ulteriormente sviluppata in diversi documenti strategici del Pentagono nel 2017 e 2018, tra cui la “Nuclear Posture Review” del febbraio 2018, che definisce sia la Russia che la Cina come minacce peggiori del terrorismo internazionale per gli interessi ed il potere degli Stati Uniti.

Nella sua analisi del 27 febbraio, la signora LaRouche aggiunge che se il presidente Biden è seriamente intenzionato a lasciare che ogni nazione scelga la propria strada (incluse, ovviamente, Russia e Cina), dovrà dar vita ad un nuovo inizio. “Dobbiamo porre fine al gioco geopolitico di considerare la Cina e la Russia come avversari, e invece riprendere con loro gli obiettivi comuni dell’umanità”, ha scritto. Due aree in cui tale cooperazione dovrebbe essere esemplare sono la lotta contro le pandemie e l’esplorazione congiunta dello spazio.