La prima metà di agosto ha visto progressi nella causa della pace attraverso lo sviluppo e la cooperazione, che è stata il presupposto per l’incontro del 15 in Alaska tra i presidenti Putin e Trump e per eventuali ulteriori sviluppi, tra cui un possibile accordo di pace per l’Ucraina. Su quest’ultimo punto, Trump, nell’incontro tra i sette e Zelensky alla Casa Bianca il 19 agosto, ha costretto i riluttanti leader dell’UE ad accettare le sue condizioni. Tuttavia, la posta in gioco tra Stati Uniti e Russia è molto più alta, come abbiamo sempre sostenuto e come è trapelato dai resoconti più onesti del vertice di Anchorage, ovvero la “normalizzazione” dei rapporti tra le due superpotenze. Si parla già di un accordo per limitare e ridurre le armi strategiche, ma potrebbe riguardare tutto ciò che la Russia può offrire agli Stati Uniti in termini di materie prime e risorse energetiche. La prospettiva di cooperazione tra Stati Uniti e Russia include anche grandi progetti infrastrutturali, come il tunnel sotto lo stretto di Bering, che è stato rimesso all’ordine del giorno grazie allo Schiller Institute, che lo aveva rilanciato alla vigilia del vertice.

Sarebbe un passo concreto verso la costruzione del “ponte terrestre”, l’idea sostenuta per decenni da Lyndon LaRouche e successivamente delineata in termini generali dall’iniziativa Belt and Road del presidente cinese Xi Jinping. Prima del vertice di Anchorage, un altro collegamento strategico del Ponte Terrestre – quello sullo Stretto di Messina – era salito alla ribalta nazionale e internazionale grazie alla definitiva delibera del CIPES che supera decenni di ostacoli posti dalla lobby maltusiana e consentirà la costruzione di un collegamento permanente tra la Sicilia, l’Italia e il resto d’Europa. Tra lo Stretto di Messina e lo Stretto di Bering è emersa una visione di ciò che potrebbe diventare realtà tra pochi anni: viaggiare senza interruzioni in treno da Buenos Aires a Palermo, risalendo le Americhe, passando per la Siberia e “scendendo” verso l’Europa fino alla punta dello stivale e oltre. Si parla già del prossimo passo: un collegamento permanente tra il continente europeo e l’Africa, con tunnel e/o ponti a Gibilterra e nello Stretto di Sicilia.

In questo contesto, l’Europa si è ulteriormente confinata nel suo isolamento, reagendo con panico al disgelo tra Stati Uniti e Russia e continuando a rifiutarsi di accettare la realtà. Mentre il resto del mondo ha accolto con favore l’incontro Trump-Putin, i leader europei hanno fatto un ultimo disperato tentativo per farlo fallire, compreso il viaggio senza precedenti di metà dell’UE a Washington per accompagnare Zelensky e insistendo, come hanno fatto Merz e Macron davanti alle telecamere, che la priorità è il “cessate il fuoco”. Poiché questo è stato fermamente respinto da Trump, hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco. A parte la continua consacrazione dell’irrilevanza in cui l’Europa è caduta per propria scelta, non va sottovalutato il pericolo rappresentato dal grande burattinaio della destabilizzazione, ovvero il Regno Unito.

Gli sviluppi positivi sono offuscati dal genocidio in corso a Gaza, che non sarà fermato dal tardivo riconoscimento dello Stato palestinese da parte di alcuni governi. La grande manifestazione popolare del 16 agosto a Tel Aviv contro il governo Netanyahu fa sperare che la popolazione israeliana sarà il fattore decisivo. La relatrice speciale delle Nazioni Unite Francesca Albanese ha invitato i paesi occidentali ad attuare misure concrete come il taglio delle forniture di armi a Israele.