In tutta l’Europa occidentale, i governi in preda all’ansia si stanno affannando per elaborare una strategia credibile per “difendere” l’Ucraina e aumentare la spesa per la difesa al fine di scoraggiare il previsto assalto russo se Zelensky sarà costretto da Trump a sottomettersi alle condizioni di pace dettate dalla Russia. Questo, nonostante non ci siano prove dell’intenzione russa di attaccare i vicini europei.

La preoccupazione più profonda di “leader” come Macron e Starmer, che viene sottaciuta, non riguarda la difesa dell’Ucraina, ma come adattarsi alla fine di 500 anni di dominio globale da parte dei colonizzatori europei. Si teme che un’alleanza “multipolare” incentrata su Stati Uniti e Russia e che potrebbe includere anche la Cina segni la fine del dominio transatlantico negli affari strategici ed economici. Per i britannici questo è particolarmente difficile, in quanto la loro capacità di dominio finanziario dipende dal mantenimento della “relazione speciale” con gli Stati Uniti. Giornali come il Guardian, un tempo filoamericano, o più precisamente la stampa “guerrafondaia filo-Biden”, annuncia che “gli Stati Uniti non possono più essere considerati un alleato”; e negli editoriali, ci si chiede: “Per quanto tempo l’Ucraina e l’Europa devono rispondere al tradimento degli Stati Uniti?”.

Questa angoscia è riflessa in un articolo del Daily Mail, che cita fonti diplomatiche di Washington secondo le quali Trump si è “raffreddato” nei confronti del Regno Unito, a causa del benvenuto pubblico di Re Carlo al presidente ad interim dell’Ucraina, Zelensky. Il Mail riporta che gli alleati di Trump hanno detto “che le foto del Re con il leader ucraino lo hanno fatto sentire ‘meno speciale’ riguardo all’invito del monarca per una visita di Stato in Gran Bretagna”.

Gli sforzi di un umiliato Zelensky, incoraggiato dai sostenitori europei, per tornare nelle grazie di Trump, saranno messi alla prova questa settimana durante gli incontri tra le delegazioni statunitense e ucraina in Arabia Saudita. Dopo la resa dei conti nello Studio Ovale, Trump ha alzato il tiro nei confronti di Zelensky, sospendendo gli aiuti in armi e in denaro e la condivisione di informazioni. Un portavoce del Presidente ha detto di Zelensky prima dell’incontro che non si può dire “voglio la pace” e poi sostenere il diritto di rifiutare qualsiasi compromesso. Trump ha anche provocato una reazione da parte della stampa statunitense quando ha dichiarato, in modo veritiero, che l’espansione della NATO ha provocato l’operazione militare speciale della Russia e che l’Ucraina ha rifiutato un accordo di pace che i suoi negoziatori avevano elaborato con i russi nel marzo 2022. Il Washington Post ha citato questi commenti come esempi della disonestà di Trump!

Mentre si procede per ottenere un “accordo” di pace in Ucraina, ci sono segnali che indicano che l’offensiva di pace potrebbe estendersi all’Asia sud-occidentale. Con il futuro delle vite palestinesi a Gaza ancora irrisolto, il rappresentante speciale di Trump Steve Witkoff ha fatto riferimento in modo positivo al piano di ricostruzione egiziano, presentato la scorsa settimana ai leader arabi al Cairo. Anche se un portavoce dell’amministrazione non è sembrato entusiasta, Witkoff ha detto che il piano ha “molte caratteristiche convincenti”, definendolo un “primo passo in buona fede”. Questo mette l’amministrazione in contrasto con il Primo Ministro israeliano Netanyahu, che lo ha definito inaccettabile.

Quanto alla minaccia di un attacco israeliano all’Iran, che probabilmente richiederebbe l’appoggio degli Stati Uniti, Trump ha dichiarato di aver scritto una lettera all’Ayatollah Khamenei, suggerendo un nuovo accordo nucleare come alternativa alla guerra. Anche se non è chiaro se l’abbia inviata, sollevando pubblicamente la questione ha introdotto la possibilità di una risoluzione pacifica a quella che Netanyahu ha definito una minaccia esistenziale per Israele. È probabile che ciò provochi una risposta decisamente ostile da parte dei neoconservatori statunitensi, come John Bolton e Lindsey Graham, che perseguono l’obiettivo di un cambio di regime in Iran.