Il calo delle entrate petrolifere e le sanzioni occidentali hanno reso insostenibili in Russia i compromessi di politica economica del passato, suscitando un acceso dibattito. Le due posizioni principali sono quelle espresse dalla banca centrale (BCR) e da economisti come Sergej Glaziev, il consigliere di Putin per l’integrazione eurasiatica.

Glaziev ha accusato la BCR di non aver voluto difendere il rublo e aver così violato i suoi doveri costituzionali.

La moneta russa ora oscilla attorno a quota 78 sul dollaro, un calo del 50% dai massimi del maggio 2015; peggio del crollo del gennaio 2015, quando scese a 69 a seguito della fluttuazione decisa dalla BCR nel mese precedente.

Glaziev ritiene che la BCR avrebbe potuto e dovuto usare le riserve in valuta, che ammontano “al doppio della liquidità presente nell’economia”, per impedire il crollo della moneta, come ha dichiarato all’agenzia Tass il 21 gennaio. Il capo della BCR, Elvira Nabiullina, tuttavia insiste nel continuare la fluttuazione, sostenendo che la stabilità finanziaria non sia minacciata.

Come ha notato il quotidiano Nezavisimaya Gazeta il 18 gennaio, “più peggiora la situazione e più probabile diventa l’applicazione delle raccomandazioni di Glaziev”.

Nelle scorse settimane, i leader russi hanno discusso intensamente vari temi:

  • L’annuncio da parte del ministro del Tesoro Anton Siluanov di tagliare il 10% del bilancio 2016 (cinquecento miliardi di rubli);
  • La proposta di BCR e ministero del Tesoro di ratificare rapidamente la legge per il bail-in che permette la conversione forzosa dei depositi in azioni della banca;
  • La decisione di fare cassa privatizzando quote di imprese pubbliche come Rosneft, le Ferrovie Russe e la banca VTB.