La situazione nei Balcani rischia di esplodere da un momento all’altro, a causa dell’escalation di tensioni tra i serbi di Bosnia e il governo centrale. Se in Bosnia scoppierà una guerra civile, sarà coinvolta la Serbia, già colpita da un tentativo di cambio di regime guidato da diverse ONG e sostenuto dall’UE. Nel frattempo, il Kossovo e l’Albania hanno firmato un trattato di difesa con la Croazia, membro della NATO, con un chiaro intento anti-serbo e anti-russo.
La Serbia è presa di mira dall’UE e dalla Gran Bretagna a causa di una politica estera ed economica considerata troppo indipendente. Il leader serbo Vucic (foto) non ha attuato sanzioni contro la Russia, non ha “de-rischiato” con la Cina e, ultimo ma non meno importante, ha deciso di partecipare alle celebrazioni per la vittoria della Seconda Guerra Mondiale a Mosca, sfidando il “consiglio che non si può rifiutare” di Bruxelles.
Secondo Chiara Nalli, ricercatrice indipendente che ha lavorato per oltre 15 anni in istituzioni finanziarie che operano a livello internazionale, la situazione in Bosnia è “sull’orlo di una guerra civile”, dopo che la polizia della Republika Srpska (RS), l’enclave serba in Bosnia-Erzegovina (BiH), ha impedito alla polizia federale di arrestare il presidente della RS Milorad Dodik, su cui pende un mandato di cattura da parte della Procura bosniaca. L’Alto rappresentante dell’UE per la Bosnia-Erzegovina, Christian Schmidt, ha gettato benzina sul fuoco sospendendo gli aiuti finanziari al partito di Dodik a causa delle “attività di secessione”. Dodik accusa l’Occidente e le autorità federali di voler “decapitare” la Repubblica Srpska, mentre il suo Primo Ministro, Radovan Višković, accusa i servizi segreti britannici di favorire la destabilizzazione, con una squadra già inviata in Bosnia.
L’obiettivo finale della destabilizzazione della RS è la Serbia, dove un tentativo di “rivoluzione colorata” è culminato in una grande manifestazione il 15 marzo, ma ha poi perso slancio. La signora Nalli ha spiegato in una lunga intervista al canale Il Contesto (https://www.youtube.com/watch?v=-CPa8VgN_bU) che la protesta studentesca, iniziata come “apolitica”, ha recentemente rivelato il suo intento di far cadere il governo e sostituirlo con uno più favorevole all’UE. Ciò è diventato chiaro quando i responsabili della protesta hanno recentemente organizzato un tour in bicicletta da Belgrado a Strasburgo, per chiedere il sostegno dell’UE alle loro richieste. Subito dopo, il commissario europeo per l’allargamento Marta Kos (Slovenia) ha visitato la Serbia, raccomandando al governo di soddisfare le richieste della protesta.
Secondo la signora Nalli, la maggioranza della popolazione non è coinvolta nelle proteste antigovernative ed è piuttosto stanca dei continui impedimenti alle attività istituzionali. Si teme quindi che per raggiungere il loro obiettivo, ovvero quello di rovesciare il governo, i controllori della protesta possano avviare azioni di sabotaggio.
Un ruolo di primo piano nella protesta è svolto anche dalle ONG finanziate dalla Commissione europea e dai governi dell’UE, come spiega la signora Nalli in una intervista all’EIR di prossima pubblicazione. Mentre USAID ha sospeso i suoi fondi lo scorso gennaio, quelli dell’UE continuano ad affluire alle ONG interessate, molte delle quali condividono lo stesso indirizzo nel centro di Belgrado. La Germania è il principale donatore, attraverso l’ambasciata e diverse fondazioni.