Le celebrazioni della scorsa settimana a Mosca per l’80° anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale sono state l’occasione non solo per commemorare le innumerevoli vittime di quel conflitto, ma anche per importanti discussioni politiche e diplomatiche. Erano presenti circa ventisette Capi di Stato e di governo, che hanno incontrato Putin in diversi momenti e luoghi. Purtroppo, solo due leader europei hanno avuto il coraggio di sfidare il boicottaggio imposto dagli autoproclamati “sacerdoti” dell’Europa: il Primo Ministro slovacco Robert Fico e il Presidente serbo Aleksandar Vučić.
L’ospite più importante di quest’anno è stato il Presidente cinese Xi Jinping, in visita di Stato in Russia dal 7 all’11 maggio. Sia lui che Putin hanno ribadito che il partenariato e l’amicizia tra i due Paesi non sono mai stati così forti e hanno firmato numerosi accordi economici e commerciali. Nella dichiarazione congiunta si afferma l’impegno a “sopprimere i tentativi di falsificare la storia, sminuire e negare il contributo storico della Russia e della Cina alla Vittoria nella Seconda Guerra Mondiale, denigrare i liberatori e condannare con fermezza le azioni relative alla profanazione o distruzione di memoriali dedicati a coloro che sono morti durante la guerra.” Si tratta di una risposta indiretta al mondo transatlantico che sta riscrivendo la storia, negando il ruolo dell’Unione Sovietica sul fronte europeo – dove ha perso 27 milioni di cittadini – e quello della Cina nel Pacifico, le cui perdite sono state ancora più gravi. Xi e Putin hanno anche sottolineato l’importanza dello sviluppo economico nel migliorare le relazioni internazionali.
Interessante è anche il fatto che, durante il ricevimento di gala dopo l’imponente parata militare – alla quale hanno partecipato truppe di molti dei Paesi ospiti – il Presidente Putin abbia lanciato un appello per la creazione di “un sistema di sicurezza e relazioni internazionali basato sui principi della reale uguaglianza e del rispetto reciproco degli interessi”.
È stato dopo gli incontri con numerosi leader stranieri e rappresentanti di organizzazioni internazionali che Putin ha annunciato, alle 2 del mattino dell’11 maggio, la proposta di riprendere i negoziati diretti tra Russia e Ucraina a partire dal 15 maggio a Istanbul. Con questa mossa, ha dribblato l’ultimatum lanciato lo stesso giorno da quattro leader europei e da Zelensky che, da Kiev, avevano richiesto un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni, minacciando conseguenze in caso contrario.
Putin ha dichiarato esplicitamente di aver preso la decisione a seguito dei numerosi incontri e colloqui avuti nei tre giorni precedenti a Mosca, che “hanno toccato anche la questione della risoluzione del conflitto in Ucraina. Siamo grati a tutti i nostri ospiti, ai nostri amici, per l’attenzione che stanno dedicando a questo conflitto e per gli sforzi che stanno compiendo per porvi fine.”
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha inoltre inquadrato i negoziati nel contesto dei numerosi incontri bilaterali avvenuti in quei giorni. I leader riuniti a Mosca hanno accolto favorevolmente l’approccio della Russia, orientato a una soluzione a lungo termine che tenga conto degli interessi di sicurezza fondamentali di entrambe le parti. A sostenere tale diplomazia vi è una buona parte del Sud globale.