L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che si riunirà il 9 settembre, offre all’umanità un’ulteriore opportunità per porre fine al genocidio in corso contro il popolo palestinese da parte degli estremisti sionisti radicali israeliani. Numerosi leader nazionali daranno voce all’irrigidimento dell’opinione pubblica mondiale contro il regime di Netanyahu, evidente nelle crescenti manifestazioni di protesta nelle città europee, in una sessione straordinaria che verosimilmente adotterà un tipo di risoluzione chiamata “Uniting for Peace”, che consente all’Assemblea Generale di agire quando il Consiglio di Sicurezza è bloccato. Gli Stati Uniti, sia sotto la presidenza Biden che sotto quella di Trump, hanno posto il veto a precedenti tentativi di fermare le stragi, fornendo copertura a Netanyahu, mentre rifornivano di armi e mezzi finanziari un’economia israeliana indebolita.
Il dato nuovo è che il sostegno dell’opinione pubblica americana al governo israeliano sta scemando. Un sondaggio della Quinnipiac University del 27 agosto ha rilevato che il 60% degli elettori si oppone alla prosecuzione degli aiuti militari a Israele, e la metà degli intervistati ritiene che il governo Netanyahu stia commettendo un genocidio. Un sondaggio The Economist/YouGov ha rilevato che l’84% è favorevole a un cessate il fuoco immediato, con solo il 27% che esprime sostegno a Netanyahu. Entrambi i sondaggi hanno rilevato una schiacciante maggioranza tra i giovani elettori, compresi i giovani repubblicani che negli ultimi mesi sono passati da un 35% al 50% di opinioni sfavorevoli su Netanyahu.
Questo cambiamento sembra spezzare la morsa esercitata dalla “lobby sionista”, in particolare attraverso l’AIPAC, l’American Israel Public Affairs Committee, sulla politica statunitense. L’AIPAC distribuisce ingenti fondi a parlamentari di entrambi i partiti per sostenere la politica della “Grande Israele” di Netanyahu, accusando di antisemitismo chiunque metta in discussione tale politica. La forza dell’AIPAC si è vista nel voto al Congresso del febbraio 2024 per ulteriori 14,1 miliardi di dollari di aiuti militari a Israele. Il senatore Bernie Sanders è stato l’unico a votare contro.
Ma il 5 giugno scorso è stata presentata una nuova proposta di legge volta a tagliare i finanziamenti, la Risoluzione 3565 della Camera denominata Block the Bombs Act, con 22 co-sponsor, a cui si sta aggiungendo un numero crescente di firmatari. Un altro sintomo del cambiamento è una lettera firmata da 1.000 rabbini americani che chiedono maggiori aiuti per Gaza. La presenza di giovani ebrei nelle proteste americane non è passata inosservata. Un editoriale del Jerusalem Post del 30 agosto ha notato che la politica di Netanyahu sta “alienando la linfa vitale di Washington per Israele”. L’autore, Dan Perry, ex presidente dell’Associazione Stampa Estera di Gerusalemme, ha espresso una preoccupazione più profonda: gli ebrei americani, scrive, “temono che i propri figli diventino anti-sionisti”.
Questa dinamica porterà a un cambiamento nella posizione di sostegno di Donald Trump a Netanyahu, finora incrollabile? In un’intervista al giornale filo-MAGA Daily Caller del 1° settembre, il presidente degli Stati Uniti ha riconosciuto il declino del potere dell’AIPAC: “Israele era la lobby più forte che abbia mai visto,” ha detto, “Avevano il controllo totale del Congresso, e ora non ce l’hanno più”.
La situazione all’interno di Israele è sempre più polarizzata, con centinaia di migliaia di persone scese in piazza lo scorso fine settimana per protestare contro il regime Netanyahu. I fanatici, guidati da Ben-Gvir, Smotrich e Katz, continuano a invocare la “vittoria totale”, ma l’illusione che la pace possa essere raggiunta impiegando la forza militare per commettere stragi viene messa in discussione, soprattutto da veterani militari e professionisti dell’intelligence. Un documento segreto dell’IDF, che circola all’interno delle forze armate, giunge alla conclusione che l’operazione “Carri di Gedeone” – il nome dato all’offensiva lanciata contro Hamas a maggio e terminata il mese scorso – “non ha raggiunto i suoi obiettivi fondamentali.”
Il contesto è dunque pronto affinché la comunità globale utilizzi la sessione della prossima settimana dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per unirsi attorno al vero significato di “Mai più”.
