La battaglia per l’Ucraina è stata al centro di accese discussioni alla Conferenza sulla Sicurezza che si è tenuta lo scorso week-end a Monaco di Baviera. I partecipanti occidentali hanno continuato provocatoriamente con le loro sfacciate interferenze nella situazione interna del paese, pur sapendo che esse rischiano di fomentare le violenze, dividere il paese e, in ultima analisi, condurre ad uno scontro nucleare con la Russia.

Il Presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy ha dichiarato perentoriamente che “il futuro dell’Ucraina è nell’UE”. Ma chi è lui per decidere del futuro di un paese sovrano? Ha detto che assicurerà la democrazia, ma dov’è la democrazia nell’UE, con le sue decisioni prese a porte chiuse, l’immunità legale garantita ai funzionari delle sue istituzioni, e le continue violazioni delle Costituzioni nazionali?

Il segretario di Stato americano John Kerry non ha fatto di meglio. Dopo aver incontrato a Monaco i leader dell’opposizione ucraina, ha dichiarato che i manifestanti si battono per la democrazia, ignorando convenientemente la presenza di un’ala violenta ultranazionalista e neo-fascista, che non ha niente a che fare con la democrazia (vedi “Appello urgente per fermare le violenze fasciste in Ucraina” e EIR Strategic Alert 5/14).

La questione è stata sollevata con forza dal Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov durante il suo intervento alla conferenza. “Perché nessuno condanna coloro che occupano edifici del governo, attaccano i poliziotti e ripetono slogan razzisti ed antisemiti? Perché autorevoli politici europei incoraggiano queste rivolte, anche se nei loro paesi reprimono ogni violazione della legge da parte dei manifestanti violenti?” si è chiesto Lavrov. “Come reagirebbe l’Unione Europea se il governo russo sostenesse apertamente le rivolte di strada a Londra, Parigi o Amburgo, e mandasse i propri ministri in queste città ad incoraggiare i manifestanti?” Non gli hanno dato risposta…

Questo movimento di protesta, come ha sottolineato recentemente Sergey Glaziev, consulente del Presidente Putin sulle questioni dell’integrazione economica regionale, non è nato spontaneamente dopo che Kiev ha sospeso i negoziati per entrare a far parte dell’UE, ma è stato promosso dall’esterno. Negli ultimi 20 anni, ha affermato, gli Stati Uniti ed i suoi partner della NATO “solo tramite i canali del Dipartimento di Stato hanno speso 5 miliardi di dollari (dato fornito da Victoria Nuland, sottosegretario al Dipartimento di Stato), in borse di studio per sviluppare una comunità internazionale di esperti, orientati contro la Federazione Russa ed allo scopo di forgiare atteggiamenti russofobi nella società ucraina”.

Si valuta in effetti che dal crollo dell’Unione Sovietica siano stati investiti tra i 30 ed i 40 miliardi di dollari tramite vari canali per tali operazioni anti-russe e nelle duemiladuecento (!) ONG attive in Ucraina.

Il tentativo di destabilizzare l’Ucraina rientra nella politica strategica di Stati Uniti, UE e NATO mirante a circondare sia Russia che Cina per neutralizzare il loro potenziale di un secondo colpo nucleare in caso di guerra. I leader di entrambi i paesi hanno messo in chiaro che non accetteranno questa strategia e che hanno preso le necessarie misure militari per farlo.