Il 19 ottobre, in un discorso televisivo alla nazione, Biden si è espresso a favore di un’escalation delle guerre “in difesa della democrazia”. Era appena tornato da Israele, dove ha sostenuto il Primo Ministro Netanyahu e ha incontrato il suo gabinetto di guerra.
La strategia di Biden consiste nel collegare i finanziamenti per l’Ucraina agli aiuti per Israele, incorporandoli nel bilancio supplementare per la guerra che ha inviato il giorno dopo al Congresso. La sua proposta è arrivata nel momento in cui i 113 miliardi di dollari inizialmente stanziati per l’Ucraina sono andati quasi esauriti; gli aiuti a Kiev sono stati messi sotto tiro da parte del Congresso, soprattutto dai repubblicani conservatori, e i nuovi sondaggi mostrano che il 56% degli americani si oppone ad ulteriori finanziamenti.
Nel discorso alla nazione, Biden ha quindi fatto di tutt’erba un fascio, sperando di indebolire coloro che, per vari motivi, sostengono Netanyahu, ma si oppongono al regime corrotto di Kiev. “Hamas e Putin rappresentano minacce diverse”, ha detto, “ma hanno questo in comune: entrambi vogliono annientare completamente una democrazia”. Ha poi aggiunto ciò che nessuno, al di fuori degli americani creduloni o ideologicamente ciechi, potrebbe prendere sul serio: “La leadership americana è ciò che tiene insieme il mondo”, ha detto; “I valori americani sono ciò che ci rende un partner con cui le altre nazioni vogliono lavorare. Mettere a rischio tutto questo, se ci allontaniamo dall’Ucraina, se voltiamo le spalle a Israele, non ne vale la pena”.
Affinché la sua strategia prevalga, Biden ha proposto un nuovo stanziamento speciale di 105 miliardi di dollari, di cui 10,8 per Israele (oltre agli aiuti annuali di 3,8 miliardi) e oltre 60 per l’Ucraina, più maggiori finanziamenti per la regione Asia-Pacifico per contrastare la Cina. Questa strategia è stata accolta dai falchi della guerra del Partito Democratico. Il leader della maggioranza del Senato, Chuck Schumer, ha approvato il piano e il presidente della Commissione Esteri del Senato, Ben Cardin, ha dichiarato che c’è una maggioranza trasversale.
Nei giorni successivi all’attacco a Israele, i sostenitori della guerra permanente hanno aggiunto l’Iran alla lista degli obiettivi. Frederick Kempe, direttore generale del Consiglio Atlantico, ha scritto un editoriale che elogia il discorso di Biden, affermando che il Presidente “ha collegato i puntini tra la guerra criminale della Russia… e l’attacco terroristico di Hamas contro Israele, assistito dall’Iran”. Questo coincide con un road show itinerante dei neocon, gestito da Polaris National Security e Bastion Institute. A questi due “think tank” sono associati personaggi che hanno spinto gli Stati Uniti ad entrare in guerra contro l’Iraq, come Elliot Abrams, cofondatore del Progetto per un Nuovo Secolo Americano (PNAC), Doug Feith e Lewis “Scooter” Libby, che era il capo dello staff di Dick Cheney.
Lo scopo dichiarato di questi gruppi e degli altri falchi è quello di rendere le “questioni di sicurezza” centrali nella corsa alla presidenza del partito repubblicano, al fine di sconfiggere Donald Trump e i suoi “America Firsters”, che si oppongono al coinvolgimento degli Stati Uniti in queste guerre. Forse non è estraneo ai loro sforzi il recente abbraccio “al 100%” di Trump alla strategia di guerra di Netanyahu, che ne ha minato la credibilità come avversario del minaccioso “Deep State”.