“Manca un minuto a mezzanotte”, aveva ammonito Boris Johnson, aggiungendo che dobbiamo “relegare il carbone alla storia”. Gli ha fatto eco Joe Biden: “Una minaccia esistenziale all’esistenza umana [la ripetizione è nell’originale, ndr.] così come la conosciamo” … Angela Merkel: “Abbiamo bisogno di una trasformazione generale del modo di vita, di lavorare e di fare economia”. Il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres, dal canto suo, ha accusato le nazioni di “trattare la natura come un toeletta”.
Il vertice Cop26 andrebbe ribattezzato “Flop26”. Avrebbe dovuto essere l’ultimo chiodo sulla bara della società industriale, la fine del progresso umano, il ritorno ad un’esistenza primitiva in cui vento e sole avrebbero fornito l’energia sufficiente per i pochi (meno di un miliardo) sopravvissuti. Il Great Reset e la Transizione Verde dei banchieri avrebbe dovuto essere imposta in tutto il monto. Ma non si erano fatti i conti con l’oste, ovvero la maggioranza della popolazione mondiale e i suoi rappresentanti, che si sono rifiutati di sacrificare la sicurezza energetica e lo sviluppo economico sull’altare di irrealistici obiettivi climatici. Con l’eccezione del Primo ministro indiano Narendra Modi, nessun leader dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) si è presentato a Glasgow.
Nel suo messaggio scritto, il Presidente cinese Xi Jinping ha, sì promesso di accelerare la transizione a livelli di emissione inferiori, ma senza impegni precisi. Il suo primo ministro ha recentemente spiegato che la Cina pianifica di raggiungere la neutralità delle emissioni nel 2060, ma con l’aiuto di moderne centrali a carbone e di nuove prospezioni di petrolio e gas naturale.
La Russia si è impegnata a eliminare le emissioni entro il 2060, ma continuerà a sviluppare le risorse di gas naturale e l’energia nucleare. Il Presidente Putin manderà un messaggio pre-registrato ad una delle discussioni su foreste e uso del territorio.
La presenza di Modi non ha alleviato lo sconforto della banda del Grande Reset. Il Premier indiano ha insistito sul fatto che i Paesi sviluppati dovrebbero tener fede alla promessa di devolvere 10 miliardi di dollari all’anno ai Paesi poveri per facilitare l’abbandono dei combustibili fossili. Quel denaro dovrebbe essere usato per fornire “acqua potabile per tutti” e “energia pulita per cucinare per tutti”.
Il primo novembre, prima di partire, il Presidente nigeriano Muhammaddu Buhari, ha firmato un articolo su Newsweek intitolato “La crisi climatica non sarà risolta causando una crisi energetica in Africa”, in cui afferma che, senza energia affidabile, non sarà possibile “costruire le fabbriche che trasformeranno l’Africa da un’economia a bassi salari, legata alle risorse naturali, ad un continente ad alto tasso di occupazione e reddito medio.” Buhari vuole il nucleare per l’Africa, ma ha anche chiesto che la “moratoria” sugli investimenti in combustibili fossili imposta dall’occidente venga annullata. In ultima analisi, “nessuno ha il diritto di negare il progresso del nostro continente”.
Un altro rappresentante africano, il presidente ugandese Yoweri Museveni, ha firmato invece un articolo sul Wall Street Journal del 24 ottobre, intitolato “Il solare e l’eolico riducono l’Africa in povertà”. “Il continente dovrebbe equilibrare il suo mix energetico”, avverte, “e non buttarsi a capofitto nelle rinnovabili, anche se questo provocherà qualche frustrazione tra coloro che si riuniranno alla conferenza sul clima di Glasgow la prossima settimana”.
Nonostante il fallimento della Flop26, sarebbe un errore pensare che le élite malthusiane rinuncino ai loro propositi. Come abbiamo riferito, i pensatoi di regime discutono di come impiegare la forza militare nei confronti dei Paesi recalcitranti. Sarà relativamente facile contro qualche Paese del terzo mondo, ma con India e Cina la cosa è irrealistica ed estremamente pericolosa.