Seguono stralci del discorso di Jeffrey Steinberg dell’EIR a Washington D.C. il 9 gennaio 2015. Sono stati omessi i dettagli in merito al finanziamento dei dirottatori, che possono essere trovati in rete.

“È impossibile anche solo cominciare a discutere degli eventi attuali senza risalire almeno agli attentati dell’11 settembre e all’insabbiamento delle indagini… Esiste un quadro ben documentato della convergenza delle operazioni della monarchia britannica e della monarchia saudita che riguardano direttamente il 9/11. A cominciare dal 1985, il Principe Bandar bin Sultan, nonostante la sua carica di Ambasciatore qui a Washington, D.C., fece personalmente da intermediario verso l’allora Primo Ministro britannico Margaret Thatcher, per la conclusione di un accordo di scambio molto particolare tra i britannici e i sauditi, in cui i britannici, attraverso la grande società di produzione di armi BAE Systems, fornirono circa 40 miliardi di dollari di armi di vario tipo, dai caccia ai sistemi radar, al Ministero della Difesa saudita. In cambio i sauditi pagarono tutte quelle attrezzature militari – insieme a delle tangenti molto consistenti che finirono nelle mani di alcuni funzionari importanti dello stesso Ministero e di un certo numero di altri principi sauditi – con la consegna di 600 mila barili di petrolio al giorno, dal 1985 fino ai giorni nostri.

Allora noi abbiamo fatto un po’ di calcoli e ci sono state fornite certe informazioni essenziali dal Principe Bandar stesso. Se si guarda l’ammontare dei soldi spesi dai britannici nel fornire quei sistemi d’armi, e lo si paragona ai proventi generati dalla vendita sul mercato spot del petrolio di una superpetroliera ogni giorno per il periodo dal 1985 al presente, si trova che dopo aver tenuto conto di tutti quei fattori, avanzano oltre 100 miliardi di dollari.

In una recente biografia autorizzata il Principe Bandar si è vantato del fatto che la special relationship tra la monarchia saudita e quella britannica ha permesso la creazione di una serie di fondi offshore – fondi neri, probabilmente la fonte più grande di soldi per le operazioni coperte mai messi insieme simultaneamente. E questi fondi gestiti insieme dai britannici e dai sauditi, come ha detto Bandar stesso, andarono alla “guerra contro il comunismo”, che per lui significava il finanziamento dei mujaheddin in Afghanistan, uno degli incubatori di al-Qaeda e di tutti gli altri gruppi che ora vediamo agire sul palcoscenico mondiale.

Dunque mentre Bandar e sua moglie fornivano risorse finanziarie ai funzionari di intelligence sauditi che gestivano due dei dirottatori del 9/11, Bandar riceveva regolarmente dei bonifici dalla Banca d’Inghilterra come “commissione di intermediazione” per gli accordi petrolio/armi tra i britannici e i sauditi – l’accordo si chiamava “al Yamamah”, cioè “la colomba”.

La parte di Bandar era di almeno 2 miliardi di dollari di commissioni, che arrivavano al suo conto alla Riggs National Bank (di Washington). Questi furono i fondi che andarono a finanziare in parte i dirottatori, e queste informazioni fanno parte delle 28 pagine dell’inchiesta del Congresso.

I tre deputati, che hanno letto le 28 pagine, sono stati molto attenti a rispettare gli accordi e non rivelarne i contenuti, ma sono liberi nell’esprimere le loro opinioni. In tutti i casi hanno detto che la loro visione della storia degli ultimi 15 e più anni è stata cambiata fondamentalmente da ciò che hanno letto.

“Allora eccoci all’inizio del 2015. Abbiamo appena visto un orribile attentato a Parigi mercoledì mattina. Gli Stati Uniti ora sarebbero in un’alleanza con l’Arabia Saudita, con la Gran Bretagna, e con altri paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) nel Golfo Persico, paesi sunniti, in gran parte monarchie, presumibilmente per combattere contro lo Stato Islamico. Eppure le prove contenute in quelle 28 pagine indicano che questo apparato anglo-saudita sarebbe l’origine di tutto il terrorismo internazionale che combattiamo da dodici anni.

“Le indagini sugli eventi di pochi giorni fa a Parigi sono in corso. Sarebbe prematuro dire che abbiamo un quadro chiaro di cosa c’è dietro a quella operazione. Ma alcuni elementi sono già usciti e sono chiari: per esempio, i due fratelli che hanno attaccato la sede di Charlie Hebdo, uccidendo dodici persone, facevano parte di una rete di reclutamento, una rete jihadista, che opera sotto la protezione dei britannici da molto tempo.

Ci sono moschee a Londra, tra cui la Moschea di Finsbury Park, dove i reclutatori dei due fratelli hanno operato per decenni, protetti dall’intelligence britannico.

Negli scorsi anni, uno dei leader di tale moschea, Abu Hamza, è stato estradato negli Stati Uniti e processato per il proprio ruolo in certe attività terroristiche e nel reclutamento terroristico. Nel tribunale statunitense, la sua linea di difesa principale è stata che mentre lavorava come reclutatore per al-Qaeda e altri gruppi jihadisti, lavorava segretamente anche per l’MI5 britannico. E ci sono motivi per ritenere che queste dichiarazioni siano credibili.

“In fin dei conti la realtà è che esiste un apparato anglo-saudita che è la fonte del finanziamento, dell’addestramento e della protezione del terrorismo internazionale. Fino a quando questa verità sarà nascosta al popolo americano e al mondo intero, non ci sarà modo di fermare il terrorismo. Se invece si deciderà di rivelare la verità, a cominciare dalla pubblicazione delle 28 pagine del rapporto, potremo cominciare a risolvere questo problema nella maniera giusta”.