Le dimensioni e i componenti della forza militare statunitense che si sta radunando nel Mar dei Caraibi meridionale contraddicono le dichiarazioni della Casa Bianca secondo cui l’amministrazione avrebbe smentito l’esistenza di un elenco di obiettivi per possibili attacchi sul territorio venezuelano, compresi porti e aeroporti. Fonti del Miami Herald hanno riferito che l’amministrazione Trump “ha deciso di attaccare le installazioni militari e gli attacchi potrebbero avvenire da un momento all’altro”.
Il colonnello (in pensione) Douglas Macgregor, un tempo forte sostenitore di Donald Trump, che ha apertamente messo in guardia contro un attacco al Venezuela, ha dichiarato il 29 ottobre al conduttore conservatore Tucker Carlson che Washington starebbe cercando di destituire il presidente venezuelano Nicolás Maduro per dimostrare la propria forza nei confronti di Russia e Cina. Poiché Trump non sta ottenendo una chiara “vittoria” in Medio Oriente, né nel conflitto tra Ucraina e Russia, vorrebbe una “vittoria” nell’emisfero occidentale per apparire forte. Durante una recente visita a Washington, Macgregor è stato informato da persone che si trovano “appena al di sotto del livello decisionale” che il vero obiettivo dell’amministrazione non è fermare il traffico di droga o mettere le mani sul petrolio. “Non capisci? Entrando in Venezuela, stiamo lanciando un messaggio molto forte perché la Russia e la Cina hanno cercato di rafforzare la loro presenza in quel paese, e noi stiamo dicendo loro che non possono farlo. Stiamo ribaltando la situazione”, hanno detto queste fonti. Il Washington Post ha fatto eco alla stessa linea in un articolo “di cronaca” del 31 ottobre, vantando che “un cambio di regime in Venezuela sarebbe un duro colpo per Mosca”.
Su tali basi geopolitiche, sembra che qualcuno abbia convinto il presidente Trump che, di fronte alla schiacciante potenza militare statunitense che si sta radunando al largo delle coste, le forze armate venezuelane cederanno e il popolo accoglierà la vincitrice del “Premio Nobel per la Pace” Maria Corina Machado, un burattino degli Stati Uniti, come “suo” presidente, mentre il resto della regione applaudirà.
Se l’amministrazione USA andrà avanti con questo piano, l’attenderà un pantano a livello regionale. Il 24 ottobre, undici ex Capi di Stato e di governo delle nazioni caraibiche hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui respingono “la minaccia o l’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato” e respingono “l’intervento esterno per effettuare un cambio di regime”. Il presidente brasiliano Lula da Silva (foto) ha ammonito l’amministrazione Trump a non attaccare, ma a rispettare “la sovranità dei paesi”, così come ha fatto il suo consigliere speciale per la politica estera Celso Amorim.