Il laboratorio americano intitolato a Lawrence Livermore (LLNL), da decenni impegnato nella messa a punto della macchina per la produzione di reazioni di fusione nucleare per via inerziale (costruita presso il National Ignition Facility – NIF), sta anche studiando un modo per integrare nuovi impianti di fusione alle centrali di fissione già operative.

Nello scorso mese di maggio il ministero americano dell’energia (DoE) ha certificato l’avvenuto completamento della costruzione della macchina del NIF: sembra così a buon punto la sessantennale ricerca della via di produzione illimitata di energia, consistente nell’accendere una stella qui, sulla Terra, anziché, per esempio, accontentarsi di catturarne una insignificante quantità con i pannelli solari.

Benché debole nei confronti della superstizione intorno al riscaldamento climatico (ora rinominato “cambiamento”), la presentazione del progetto indica i due concetti chiave che informano anche la nostra dottrina economico-politica: “rifornire la Terra di energia senza limiti” e “incentrare l’attenzione del mondo intero sulla possibilità che la fusione per confinamento inerziale sia potenzialmente l’opzione energetica di lungo periodo”.

Gli esperimenti veri e propri sono previsti per l’inizio dell’anno prossimo. Il NIF servirà appunto solo per provare definitivamente la possibilità della fusione a confinamento inerziale, e non produrrà energia utile.

Il processo fisico impiegato è quello che avrebbe potuto essere ottenuto con grande anticipo, se l’Iniziativa di Difesa Strategica (SDI) di Lyndon LaRouche fosse stata pienamente adottata dagli Stati Uniti degli anni Ottanta. Un piccolissimo bersaglio composto di deuterio e trizio (due isotopi dell’idrogeno), contenuti in una sferetta di un materiale a basso numero atomico, è sostenuto all’interno di una piccola cavità cilindrica vuota (hohlraum in tedesco), ed è bombardato con i raggi X che derivano dalla conversione della luce di potenti laser puntati sul bersaglio stesso. La grande quantità di energia fornita in piccolissimo tempo (cioè la grande potenza fornita), fa sì che lo strato confinante del bersaglio venga vaporizzato e si allontani rapidamente dal suo centro geometrico, facendo implodere verso quest’ultimo gli atomi di deuterio e di trizio, i quali raggiungono le distanze reciproche alle quali la fusione può avere luogo (in quel momento, infatti, contribuiscono ad una densità cento volte superiore a quella del piombo metallico e portano quel piccolo spazio ad una temperatura di 100 milioni di gradi centrigradi e ad una pressione di 100 miliardi di atmosfere).

Un litro d’acqua marina racchiude l’energia ottenibile da 300 litri di benzina, dieci litri d’acqua racchiudono quella ottenibile da due tonnellate di carbone.

La fabbricazione dei bersagli è una grossa sfida tecnologica, già in parte superata, che ha richiesto l’applicazione intensa del principio della macchina utensile, oltreché di nozioni biotecnologiche (in uno dei centri di ricerca che collaborano con il LLNL, i bersagli per il laser sono sospesi alla tela di ragno).

Il secondo progetto di cui vi parliamo, battezzato con l’acronimo di LIFE (Laser Inertial Fusion Engine, in italiano Motore di Fusione Inerziale a Laser), promette di produrre una potenza elettrica nell’ordine dei GW (miliardi di watt) ogni giorno, per 50 anni, senza la necessità di rifornire il reattore con nuovo “combustibile” e minimizzando la produzione di residui di reazione. Le “scorie” nucleari attualmente immagazzinate e quelle prodotte in futuro, assieme ai materiali preparati per scopi bellici (plutonio, ecc.), proprio in virtù della loro radioattività residua (o di quella ancora inducibile per attivazione neutronica) potrebbero fornire una quantità di energia – afferma il LLNL – capace di soddisfare i bisogni energetici del mondo per centinaia o migliaia di anni, a patto di saperli sfruttare.

Il progetto, che si stima richiederà ancora una decina di anni di ricerca, promette addirittura di procedere con lo sfruttamento delle “scorie” senza necessità di attuare processi di separazione chimica. Per lo stesso motivo, non sarebbe necessario arricchire l’uranio da far fissionare. Richiedendo la metà dell’energia (sotto forma di laser) prevista per far operare una centrale di pura fusione, con il sistema LIFE si potrebbe produrre 200-300 volte l’energia fornita. Esso, infine, ridurrebbe la quantità di materiale da immagazzinare nei depositi speciali.

Come troppo spesso accade di questi tempi, occupate in tale progetto pochissime sono le persone: una quarantina di esperti vari. È pur vero che certe lungaggini sono fisiologiche, ma un esercito di scienziati forse accelererebbe i lavori, come abbiamo già proposto nel caso di ITER (vedi il nostro volantino).

Pensare, per esempio, di aspettare il 2030 per cominciare a costruire 15-20 centrali di tipo LIFE (che dovrebbero fornire un terzo dell’energia elettrica consumata dagli Stati Uniti) potrebbe rivelarsi un errore infantile, se sin d’ora ci liberassimo, in fretta, sfruttando proprio la crisi, dell’ideologia che premia il profitto a breve e l’usura, a scapito del meraviglioso lavoro dello scienziato e dell’ingegnere, forse quello che più può dirsi umano.

Nelle immagini, da sinistra a destra:

  1. Radiografia di un singolo bersaglio dalle pareti di carbonio ad alta densità: lo strato immediatamente interno è composto di deuterio e trizio. Il tutto è tenuto a bassissima temperatura;
  2. Un bersaglio dalle pareti in berillio;
  3. Alcune sferette in carbonio. Il diametro delle sferette è di 2 mm;
  4. Rappresentazione grafica del dispositivo di sostegno e raffreddamento dei bersagli;
  5. Questa fotografia illustra l’ispezione robotizzata della camera di fusione. La struttura a destra, a forma di grossa matita, è il sostegno, sulla cui punta, al centro della camera, è sostenuto il bersaglio di 2 mm di diametro. I fori circolari praticati sulla grande parete sferica accolgono le lenti di focalizzazione dei 192 fasci laser. Evidente è la necessità di mantenere una grandissima precisione costruttiva e operativa: “La fabbricazione dei bersagli [..] ha richiesto l’applicazione intensa del principio della macchina utensile”.

Vedi anche…



Video di presentazione del progetto, nella pagina di apertura del sito.



Video illustrativo del percorso di uno dei 192 fasci laser.



Uno dei centri che ha collaborato con il LLNL, il Laboratorio di Energetica dei Laser dell’Università di Rochester ha prodotto un interessante libro elettronico in inglese sull’argomento.

Fusione nucleare: motore della ripresa economica

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