L’annuncio del Primo Ministro francese François Bayrou della richiesta di un voto di fiducia all’Assemblea Nazionale l’8 settembre per ratificare tagli al bilancio da 44 miliardi di euro è una condanna a morte per il suo governo, che non ha la maggioranza. Lascerà al Presidente Macron tre opzioni: 1) trovare un nuovo Primo Ministro accettabile per tutte le fazioni, il che è piuttosto improbabile; 2) sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni legislative, nella speranza di ottenere una nuova maggioranza; oppure 3) dimettersi da Presidente.
Gli ultimi tre governi – Sarkozy, Hollande e Macron – hanno concesso aiuti pubblici, senza condizioni, alle più grandi aziende private, per un totale di 211 miliardi di euro all’anno e ora intende imporre tagli di bilancio mirati ai pensionati e ai lavoratori. La decisione di Bayrou di eliminare due giorni di festività nazionali retribuite è la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
A sinistra, il LFI (il partito di J.L. Mélenchon), il Partito Socialista e il Partito Verde, e alla destra, il Raggruppamento Nazionale di Le Pen, hanno tutti annunciato che non voteranno a favore del governo, senza lasciare alcuna speranza per la sua sopravvivenza. Allo stesso tempo, l’appello delle reti dei Gilet Gialli a “bloccare tutte” le istituzioni a partire dal 10 settembre, lanciato attraverso i social media, è diventato così popolare che i partiti di sinistra dell’Assemblea Nazionale e del Senato lo hanno sottoscritto e i sindacati hanno indetto una giornata di mobilitazione congiunta per il 18 settembre. In alcune parti del Paese sono già iniziate le manifestazioni, con slogan che denunciano il blocco pianificato degli aumenti salariali per un anno, il taglio di cinque miliardi di euro alla sanità, ecc.
Nel frattempo, la decisione suicida di François Bayrou ha provocato un’ondata di panico sui mercati finanziari, i cui organi dipingono la Francia come completamente in bancarotta e sulla soglia di un intervento del FMI in stile greco. Sebbene la situazione sia decisamente negativa, dato che il debito francese è aumentato costantemente dai 1.000 miliardi di euro nel 2003 ai 3.345 miliardi oggi (ovvero dal 64% al 114% del PIL), per esperti come Eric Meyer, direttore dell’Ufficio di Coordinamento Economico Francese (OFCE), “la Francia non è sull’orlo del fallimento”; il paese “raccoglie fondi facilmente” e “quando chiede 20 miliardi, riceve proposte per 60 miliardi”.
Qual è dunque lo scopo di questa manovra? Spaventare l’opinione pubblica, incolpare i partiti di opposizione per l’incapacità del governo di ridurre il debito e giustificare un nuovo scioglimento dell’Assemblea Nazionale, presentandosi a testa alta come coloro che avevano avvertito la Francia del grave pericolo che stava correndo, ma i cui avvertimenti sono rimasti inascoltati.
Per Jacques Cheminade, presidente di Solidarietà e Progresso in Francia, questo significa giocare col fuoco. Qualunque sia la complessità della situazione nazionale, nell’elevata volatilità del sistema finanziario odierno, un fallimento francese potrebbe innescare una nuova crisi, ha scritto su X (https://x.com/JCheminade/status/1960741505674698820).