Il bilancio della Banca Centrale Europea è aumentato di millesettecento miliardi di euro da gennaio a luglio: da 4664 a 6360 miliardi. Di questi, non meno di 715 miliardi sono stati immessi nel sistema solo nel mese di luglio! Questa enorme quantità di liquidità è andata nell’acquisto di titoli e nei prestiti a tassi negativi alle banche. Tuttavia, mentre le borse mostrano che azionisti e speculatori si sono riempiti le tasche, solo una piccola parte della liquidità si è trasformata in credito alle aziende.
I prestiti alle imprese non sono calati, ma solo perché i governi li hanno coperti con garanzie al 100%. Invece, i mutui e il credito al consumo sono crollati. Secondo la rassegna trimestrale della BCE, la domanda netta di mutui è crollata del 61% nel secondo trimestre del 2020, dopo un calo del 12% nel primo. La domanda netta di credito al consumo e altri prestiti alle famiglie ha segnato un record negativo da quando è iniziata la rassegna, nel 2003: -76% dopo un -4% nel primo trimestre. Inoltre, la BCE riferisce che le banche si aspettano una stretta del credito alle imprese nel terzo trimestre, in previsione della fine delle garanzie pubbliche.
Spulciando ulteriormente i rendiconti finanziari settimanali della BCE si scopre che il bilancio al 24 luglio era di 6351 miliardi di euro contro i 5626 del 23 giugno, cioè presentava un aumento di 715 miliardi. Istituti non finanziari, cioè le imprese zombie, hanno ricevuto 137 miliardi in cambio di obbligazioni, mentre il resto è stato elargito in forma di prestiti alle banche a tassi di interesse negativi.
Viene spontaneo il paragone con il mirabolante programma di “recovery” (in italiano: ripresa) varato dal Consiglio UE e magnificato dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il Next Generation EU (NGEU) promette, sulla carta, di elargire 750 miliardi di euro ai paesi dell’UE in difficoltà, di cui 290 “a fondo perduto” e il resto in crediti a partire dal 2021.
In realtà i paesi membri riceveranno i fondi col contagocce. Nello scorso numero abbiamo riferito i calcoli dell’economista Michele Geraci, secondo cui la cifra che spetta all’Italia, al netto dei contributi al bilancio UE, è di 23 miliardi, spalmati su un periodo di sette anni (la durata del bilancio UE), il che fa una media di 3,3 miliardi l’anno. Il capo dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, Giuseppe Pisauro, è giunto indipendentemente ad una conclusione simile.
Parlando di fronte alle commissioni Bilancio riunite, Pisauro è partito da una cifra lorda leggermente più alta di quella di Geraci, 87 miliardi, e di obblighi leggermente inferiori, 41 miliardi, il che fa 46 miliardi netti da spalmare su un arco settennale: la media dei fondi che l’Italia può ricevere è, secondo Pisauro, 7 miliardi all’anno.
In entrambi i casi gli aiuti che l’Italia potrebbe ricevere sono spiccioli: da un minimo di 3,3 a un massimo di 7 miliardi all’anno. È meno di quanto il nostro paese ha raccolto mensilmente sui mercati quest’anno, ad un tasso non strepitoso come la Germania, ma sempre sufficientemente basso.

(Nella foto Michele Geraci al convegno “l’Italia sulla Nuova Via della Seta” tenuto da MoviSol e Regione Lombardia nel marzo 2019)