Tanto tuonò che piovve: dopo tre mesi di discussione sull’embargo energetico, l’embargo è arrivato, purtroppo nella direzione opposta. Gazprom ha ridotto del 60% i flussi del gasdotto Nord Stream 1 le forniture verso la Germania e del 50% verso l’Italia. Chi dubitasse dell’accuratezza della definizione di “suicida” fatta da Putin nei confronti della politica energetica dell’UE, rifletta sul modo in cui i governi stanno reagendo al taglio delle forniture.
La Germania e l’Italia importano rispettivamente 42,6 e 29,2 milioni di metri cubi di gas russo all’anno. La linea comune di Berlino e Roma (decisa a Bruxelles?) è che i tagli non minacciano la sicurezza energetica, perché attualmente l’offerta è superiore alla domanda; tuttavia, il calo delle forniture impedisce di riempire le riserve, mettendo a repentaglio i consumi nel prossimo inverno.
Secondo Wood Mackenzie, citato da Bloomberg la settimana scorsa, se i flussi di Nord Stream 1 cessassero del tutto, l’UE rischierebbe di trovarsi senza riserve nel mezzo dell’inverno, nel periodo di picco della domanda.
C’era da aspettarsi che Mosca avrebbe usato l’arma del gas. Nonostante la retorica, le nazioni dell’UE sono cobelligeranti contro la Russia, dacché forniscono armi al governo ucraino. Mario Draghi l’ha ammesso quando, nella conferenza stampa al termine della visita a Kiev assieme a Macron e Scholz ha dichiarato: “Siamo qui per aiutare l’Ucraina nella guerra”.
Quindi gli europei, sopraffatti dalla rappresaglia, farebbero bene a negoziare una tregua ed essere pronti a cancellare sanzioni per impedire danni maggiori alle famiglie e all’economia. Invece, Roma e Berlino mostrano una ferrea determinazione a praticare l’economia di guerra: razionamento dell’energia alle imprese e “gelare per la libertà” nelle case.
Secondo un documento di cinque pagine del ministero dell’Economia tedesco pubblicato da DPA, Berlino pianifica le seguenti mosse: 1. Un credito di 15 miliardi di euro da parte del Kreditanstalt für Wideraufbau (KfW), una banca pubblica, al Trading Hub Europe per acquistare gas agli attuali altissimi prezzi di mercato, destinato a riempire le riserve. Ammesso che si trovi abbastanza gas sul mercato, questo denaro garantirà lauti profitti agli hedge funds, i veri autori dei rincari, grazie alle scommesse sul mercato dei futures che creano una scarsità artificiale; 2. Compensi per le imprese che tagliano la produzione per risparmiare gas; 3. Riattivazione di tutte le centrali a carbone. Improvvisamente, quella che sembrava essere una questione di vita o di morte, cioè “salvare il pianeta”, ora cede il passo all’impellente desiderio di immolarsi per Kiev.
In Italia, il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, sta preparando misure simili: 1. Tagli alle imprese, inizialmente su base volontaria, “su invito” della Snam; 2. Pieno sfruttamento delle sei centrali a carbone esistenti; 3. Riduzione di 1-2 gradi per il riscaldamento nelle case e negli uffici pubblici, con regole per le fasce orarie in cui accenderlo; 4. Riduzione dell’illuminazione pubblica. Non si esclude di far ricorso a misure simili a quelle adottate dopo la crisi petrolifera del 1973 (domeniche a piedi, ecc.).
Alta inflazione, scarsità energetica, perdite di produzione, sofferenze sociali; l’UE si infligge i danni che voleva infliggere alla Russia con le sanzioni. È ora di liberarsi di queste élite fallite!