Conferenza dei donatori per la rivitalizzazione del Lago Ciad

Sui progetti idrici per l’Africa “non sta a me manifestare preferenze”, ha detto a Bologna Romano Prodi, presidente della “Fondazione per Collaborazione tra i Popoli”, in apertura della conferenza che si è conclusa ieri a Rimini, riunente da una parte capi di stato e delegazioni dall’Africa e, dall’altra, donatori per il “finanziamento del piano d’investimento quinquennale 2013-3017” nella “rivitalizzazione del lago Tchad [Ciad]”.

Tuttavia, dopo aver citato di sfuggita la proposta del progetto Transaqua “proprio fatta dall’IRI, del quale ero casualmente presidente”, ha dedicato il resto del suo intervento alla presentazione del progetto relativo al fiume Ubangi [pronuncia: Ubanghi].

Gli altri relatori, tra cui l’ex Presidente della Nigeria Olusegun Obasanjo, la Presidente della Commissione dell’Unione Africana Nkosazana Dlamini-Zuma, la Ministro della Gestione Idrica della Nigeria Sarah Reng Ochekpe, la Presidente ad interim della Repubblica Centrafricana Catherine Samba-Panza, il Presidente della Mauritania Mohammed Ould Abdel Aziz e il Presidente del Niger Issoufou Mahamadou, hanno sottolineato l’urgenza di un intervento che inverta il processo di prosciugamento del Lago Ciad e la necessità di fondi adeguati all’impresa, ricordando come ormai da cinquant’anni in Africa si parli di questo e di simili problemi, si firmino accordi, ecc., ma ancora la situazione non si sia sbloccata.

Pur avendo concordato sulla necessità di migliorare la formazione scientifica dei giovani africani, la maggioranza degli intervenuti ha spesso fatto riferimento ai punti fissi dell’ideologia anti-sviluppo, come il cambiamento climatico, l’equilibrio ecologico, la biodiversità da tutelare, questioni che una popolazione morente non sopporta più veder usate in modo strumentale, per giustificare la decennale omissione di interventi risolutivi.

Alla conferenza stampa conclusiva, per conto della Executive Intelligene Review il nostro socio Flavio Tabanelli ha così interpellato Prodi:

Noi ci saremmo aspettati un maggior orgoglio italiano nel proporre il progetto Transaqua, originale, vero, che prevederebbe di raccogliere l’acqua da dodici affluenti del fiume Congo ed è molto più ambizioso […] Il discorso è: a questo livello, in cui anche l’altro programma [quello appena esposto, NdR] è a livello di studio di fattibilità, perché non lavorare su due binari così come faceva la NASA nei bei tempi in cui si voleva andare per forza sulla Luna… e non si aspettava di vedere un solo progetto… come potesse andare?

Nella sostanza, la risposta è stata che “oggi non vi sono le risorse per arrivare a questo”.

“Però”, Prodi si è affrettato a dire, “noi immediatamente lavoriamo sugli obiettivi che sono oggi possibili”, in un maldestro tentativo di rassicurare e di dimostrare di mettercela tutta.

Alla sua argomentazione si è unito il Presidente del Niger, il quale aveva ascoltato con attenzione la domanda: non ha senso trasferire grandi quantità d’acqua, con il rischio che una parte vada perduta, perché i territori non sono stati preparati precedentemente.

Non si capisce l’obiezione perché i territori interessati sono quelli che prima erano ricoperti dall’acqua. Quindi per ripristinare la superficie originale del Lago Ciad e passare dagli attuali 2 mila km2 a 25 mila km2 non dovrebbe esserci alcun problema, in quanto si tratta di superficie ricoperte di limo. Ma anche se si volesse ricostituire una superficie più ampia, quale quella di alcuni secoli fa, c’è limo anche al di sotto dello strato sabbioso.

Più che altro è nota l’opposizione al riempimento del Lago Ciad da parte di chi si è impossessato dei terreni prosciugati, fertilissimi, per impiantare colture agricole. E allora ci si chiede se questi proprietari siano così potenti da imporre i loro interessi ai governi.

Nei decenni le tecnologie per la prospezione geologica e il rilevamento da satellite hanno fatto passi da gigante, spesso con il contributo italiano (il nuovo satellite Sentinel-1 permetterà di rilevare se, ad esempio, l’innalzamento della Pianura Padana superi la velocità di 2 cm all’anno). La crescita della potenza dei calcolatori ha accompagnato il miglioramento dei programmi di progettazione tecnica e di simulazione. Si sono ridotti i costi e i tempi di pianificazione. Le fabbriche di trattori non aspettano altro che ordini.

Ma, ancora una volta… “non ci sono risorse”… perché è meglio salvare le banche.

Così, tra qualche preoccupazione maltusiana di rito, qualche vincolo ecologico e la strada del partenariato pubblico-privato non adatta ad opere idrauliche di tali dimensioni, ci si domanda per quanto tempo ancora i Paesi africani dovranno attendere, mentre a milioni moriranno di fame o saranno attirati da un’Europa che avrà sempre meno da offrire, vista la “terapia africana” impostale dalla Troika.

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