In un momento in cui l’Unione europea è afflitta da crescenti lotte interne, la raffica di critiche e minacce provenienti dall’amministrazione Trump ha fatto sì che le élite siano fortemente turbate e nascondano la testa nella sabbia pur di non accettare le nuove realtà. È evidente che gli eurocrati al potere non hanno una visione per il futuro e nemmeno per il presente.
Così, al World Economic Forum di Davos, sapendo che Trump stava annullando tutti i programmi climatici e “verdi”, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha dichiarato il 21 gennaio che l’UE “manterrà la rotta e continuerà a lavorare con tutte le nazioni che vogliono proteggere la natura e fermare il riscaldamento globale”. “L’accordo di Parigi continua a essere la migliore speranza per tutta l’umanità”, ha chiosato. Inoltre, ha annunciato l’intenzione di presentare un nuovo piano di “decarbonizzazione”, insieme a un nuovo piano di “energia pulita” e alla proposta di un mercato dei capitali comune, l’“Unione europea dei risparmi e degli investimenti”.
Quanto alle sanzioni alla Russia, invece di ammettere che si sono ritorte contro di noi e che gli alti prezzi dell’energia stanno distruggendo l’industria europea, ha sostenuto che “Putin ci ha tagliato le forniture di gas” e che l’aumento dei prezzi è il risultato del “ricatto energetico della Russia”. Inoltre, ha affermato che le importazioni di gas dalla Russia nell’UE sono diminuite di circa il 75%, quando è risaputo che i Paesi dell’UE acquistano ugualmente gas russo, ma consegnato a bordo di navi cisterna sottoforma di LNG, invece che attraverso i gasdotti, a un prezzo tre volte superiore.
Stando a quanto riportato dal New York Times, il Consiglio europeo (CE) ha istituito una “task force Trump” non ufficiale, per lavorare sulle possibili risposte ai cambiamenti nella politica commerciale ed estera degli Stati Uniti, che si riunirà il 3 febbraio a Bruxelles. Il primo ministro britannico Keir Starmer sarà tra i partecipanti, la prima volta che il Regno Unito partecipa a una riunione del CE dopo la Brexit. In cima all’ordine del giorno ci saranno la continuazione del sostegno alla guerra in Ucraina, le misure di ritorsione sulle politiche commerciali e la difesa del “Green Deal” dell’UE.
Nel frattempo, nel mondo reale, cresce la frammentazione dell’Unione Europea: l’opposizione alle politiche antirusse e “green” dettate da Bruxelles non si registra solo tra i nuovi Paesi membri, ovvero Ungheria, Romania, Slovacchia, Croazia e Repubblica Ceca, ma anche in Austria e in altri Paesi importanti. In Romania, come abbiamo riferito, il risultato delle elezioni presidenziali è stato semplicemente annullato con un falso pretesto, poiché il vincitore, Calin Georgescu, era considerato inaccettabile dagli eurocrati.
In Slovacchia, il 23 gennaio, il primo ministro Robert Fico ha convocato una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza nazionale, per esaminare le informazioni ricevute dai servizi segreti su un possibile tentativo di rovesciare il governo. Ha sottolineato che in Slovacchia sono arrivati “esperti stranieri” coinvolti nelle proteste in Georgia e nel Maidan in Ucraina, e che potrebbero cercare di provocare un colpo di Stato occupando edifici governativi e impegnandosi nella disobbedienza civile.