Pubblichiamo un’intervista ad Alessio Magnaguagno (basso) e Fausta Ciceroni (soprano) sul “Progetto Manhattan” dello Schiller Institute negli Stati Uniti, e quello condotto dai due cantanti lirici a Roma, in collaborazione con le scuole. Liliana Gorini, presidente di MoviSol, li ha intervistati al loro rientro in Italia dagli Stati Uniti.

1) Il 7 novembre scorso avete cantato alla celebrazione per il compleanno di Schiller a New York. Come siete entrati in contatto con lo Schiller Institute?

L’occasione è giunta del tutto fortuitamente, perché eravamo in contatto con un’associazione italiana di New York che era stata invitata a partecipare. Non avendo alcuno disponibile e sapendo che noi eravamo degli artisti, hanno avuto l’idea di girare a noi l’invito, e di questo non finiremo di ringraziarli. L’occasione è stata felicissima perché già nella risposta all’invito ci siamo resi disponibili per eseguire dei brani verdiani. La nostra offerta è stata immediatamente accolta e al termine del meeting, insieme ad altri artisti abbiamo eseguito due brani di Verdi accompagnati al pianoforte dal meraviglioso Maestro Robert Wilson. L’emozione è stata doppia perché oltre al prestigioso pubblico, e al favoloso accompagnatore, abbiamo avuto la possibilità di provare in prima persona la sensazione di eseguire con il La a 432 Hz. Le emozioni provate e la naturalezza che offriva questa accordatura sono state indescrivibili. Quindi se già prima, per motivi filologici e scientifici, eravamo sostenitori del diapason verdiano, ora lo siamo molto di più.

2) Siete stati anche ai due concerti del Messia di Haendel a New York, che giudizio date del “progetto Manhattan” e del “community chorus” che ha cantato in quelle occasioni? Come ha reagito il pubblico?

Abbiamo avuto modo di ascoltare entrambe le esecuzioni del Messia, sia quella a Brooklyn, che quella a Manhattan. Il concerto è stato grandioso; in particolare il coro è stato veramente sensazionale. In merito al pubblico, che ha letteralmente assediato il concerto, esso è stato attento e rispettoso, e ha applaudito con gran calore il lavoro fatto. Pur essendo totalmente diversi i contesti sociali e logistici, quello che accomunava le due esecuzioni era la totale concentrazione dell’uditorio sul programma musicale; non nascondiamo che anche noi abbiamo assistito con totale concentrazione il concerto in completa rilassatezza, merito di nuovo dell’accordatura verdiana. È stato molto bello vedere intere famiglie partecipare al concerto, dimostrando come la Musica possa essere un ponte di collegamento tra le generazioni, e un’occasione per vivere tutti insieme una grande emozione. Molti erano i giovani che, in modo indipendente, hanno partecipato all’evento. I gruppetti che si sono formati all’inizio sembravano un po’ impacciati, quasi dovessero giustificarsi di aver voluto investire due ore del loro tempo in cultura… ma i loro applausi alla fine e i loro volti, che lucevano di entusiasmo, dimostrano che i grandi capolavori non hanno confini temporali, nè geografici, nè tanto meno generazionali.

3) Sembra che anche voi abbiate un vostro “Progetto Manhattan” a Roma, grazie al quale siete riusciti, senza aiuti dallo Stato, a mettere in scena trentacinque opere in numerose scuole, coinvolgendone gli alunni nell’esecuzione, dopo aver insegnato loro il canto. Un progetto molto lodevole, che dovrebbe essere replicato anche altrove in Italia, per far conoscere il nostro patrimonio artistico ai più giovani. Come vi è venuta l’idea e potete darci qualche dettaglio delle opere che avete messo in scena, coi bambini?

La questione è delicata e interessante. Credo che la nostra formazione di base sia l’elemento fondamentale. Pur provenendo da mondi diversi, con famiglie del tutto diverse, quel che abbiamo in comune è che entrambe le nostre famiglie hanno sempre creduto nel valore della formazione, e della conoscenza come unico vero agente procacciatore di libertà e indipendenza. Entrambe le nostre famiglie, sebbene in modo molto diverso, si sono sempre battute affinché a tutti fosse data la possibilità di crescere, di elevarsi spiritualmente, di formarsi come persone. Partendo da questi presupposti non è difficile capire come sia nata l’idea di coinvolgere nei nostri progetti chiunque avesse la passione, il desiderio di migliorarsi, e di farlo attraverso la musica. Da qui quindi il coinvolgimento di moltissimi giovani anche alle prime esperienze, come d’altronde eravamo noi stessi alla loro età, cercando sempre delle guide importanti che potessero permettere a tutto il gruppo di arrivare alla meta. Ma non solo, abbiamo promosso anche la formazione di chiunque fosse anche solo appassionato alla musica dandogli la possibilità di formarsi in modo sufficiente da affrontare con serenità e professionalità il palcoscenico.

In merito al lavoro nelle scuole, teniamo a precisare che il principale contributo che ci riconosciamo è quello di avere fatto un’ottima attività di educazione all’ascolto. Perché non bisogna dimenticare mai che un concerto non è eseguito solo da chi sta sul podio… ma anche da chi ascolta. L’uno non ha senso senza l’altro. Molti di noi professionisti spesso dimenticano che, se non vi fosse il pubblico, la nostra esecuzione, che di per sé già ci dà gioia e soddisfazione, non avrebbe però senso.

Ed è questo che abbiamo cercato di realizzare con il progetto “Ragazzi..all’Opera: l’Opera va a Scuola e la Scuola va all’Opera!”

Il progetto prevedeva che i protagonisti dell’opera in cartellone andassero presso le scuole che avevano aderito al programma, per incontrare i ragazzi nel loro ambiente, in modo molto diretto, spiegando loro a che cosa sarebbero andati ad assistere e che cosa avrebbero visto, quali furono o sono le intenzioni di autore, musicista e librettista, e facendo ascoltare alcuni brani dello stesso autore, ma non dell’opera in questione, perché volevamo che i ragazzi percepissero i moduli espressivi, ma non si rovinassero la sorpresa dell’ascolto in teatro. Queste lezioni-concerto sono state un’occasione incredibile per confrontarsi, spiegare loro, rispondere alle loro domande, far loro capire la dimensione dell’ascolto, e portarli a un livello di partecipazione che trasformasse l’intrattenimento in un rito, profano ma pur sempre rito. Far loro gustare ciò cui sarebbero andati ad assistere ha permesso loro di trasformarsi attraverso tale partecipazione. E questo si traduceva per noi in un impegno quasi sacerdotale, per cui la nostra responsabilità, se ve ne fosse stato bisogno, era elevata esponenzialmente.
Potremmo raccontare mille aneddoti a proposito, ma crediamo che già solo il fatto di avere oltre cinquecento ragazzi in teatro che assistono a un’opera per tre ore e alla fine ricompensano il lavoro del palco con un applauso scrosciante, sia la testimonianza più forte.

4) Quali opere avete messo in scena a Roma?

Il nostro percorso è stato graduale, siamo partiti dalle opere in un atto destinate in prima battuta alle scuole. La loro freschezza, linearità della trama, e i pochi personaggi, ne facevano uno strumento privilegiato per introdurre i ragazzi alle regole del melodramma e del teatro lirico.

Le prime opere sono state La Serva Padrona di Giovan Battista Pergolesi, Bastiano e Bastiana di Mozart (che abbiamo rielaborato portandola più vicina a noi), La Rita e La Betly di G. Donizetti. Tutte queste opere sono state poi presentate anche al grande pubblico e il successo riportato, le richieste crescenti di repliche e l’orgoglio di fare qualcosa di più ci hanno spronato ad affrontare il grande repertorio, cominciando da Mozart, con il Così fan tutte, fino ad arrivare al verismo de I Pagliacci, passando per Verdi, Rossini, Donizetti e Bizet. Insomma, ci siamo dati da fare portando in scena trentacinque titoli diversi nel corso di sette anni di attività.

Un bel ricordo, a proposito del progetto Manhattan e delle scuole, è sicuramente la Carmen. La partitura prevede un coro di monelli, di voci bianche, e allora noi abbiamo avuto la seguente idea: perché non prendiamo una classe x, da una scuola y e la formiamo per prendere parte alla rappresentazione? E così abbiamo fatto. Per tre mesi siamo stati due volte a settimana a scuola per insegnare ai ragazzi prima di tutto come ci si deve comportare in teatro, dove vige un’organizzazione paramilitare, e poi i primi rudimenti musicali, fino ad arrivare a un’esecuzione che è stata esemplare per ritmo e intonazione, per non parlare dell’emozione di vedere questi piccoli uomini, perfettamente consapevoli del loro ruolo e dei loro compiti, prepararsi, entrare sul palco, agire e uscire in completa autonomia!

Molte sono state le rappresentazioni fuori del nostro teatro, come l’Aida nella piazza di Manziana, o la Tosca nei teatri Flavio Vespasiano di Rieti e Maria Caniglia di Sulmona.

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Anniversario di Friedrich Schiller (New York, novembre 2015)

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Concerto per il compleanno di Schiller a New York, con le due arie verdiane cantate da Alessio Magnaguagno e Fausta Ciceroni
da: http://schillerinstitute.org/highlite/2015/1107-ny/schillerfest.html

Per approfondire

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