Il rapporto della Camera dei Lord intitolato “Politica Estera Britannica in un Ordine Mondiale in Cambiamento”, pubblicato nel dicembre 2018 , prende di mira quattro nazioni per azioni di intervento e destabilizzazione: Cina, Russia, India e Stati Uniti d’America. Si tratta esattamente delle quattro potenze che Lyndon LaRouche identifico come le uniche che, se alleate, avrebbero il potenziale economico non soltanto per sopravvivere al collasso del sistema finanziario, ma anche per emergere da tale collasso a un livello superiore di produttività e di cultura.

In coerenza con la strategia imperiale britannica, questi quattro Paesi sono ora oggetto di tentativi di destabilizzazione: la Cina, con la rivolta in stile “rivoluzione colorata” a Hong Kong; l’India, con la trappola del Kashmir, boccone avvelenato lasciato dai coloni di Sua Maesta che potrebbe innescare una guerra tra India e Pakistan in una regione attraversata da un importante corridoio della Belt and Road; la Russia, dove il gruppo dell’oppositore di Putin Novalny, foraggiato dall’Occidente, ha inscenato manifestazioni non autorizzate con gli inevitabili arresti sbattuti in prima pagina sui media occidentali; infine gli Stati Uniti, dove la campagna per rovesciare Trump, fallito il tentativo del Russiagate, ora ha imbastito il tentativo di bollarlo come razzista nella speranza di impedirne la rielezione.

Lo sfondo di queste varie destabilizzazioni e il crollo accelerato del sistema finanziario in bancarotta. All’orizzonte si profila una crisi di liquidità generata da un debito globale che dev’essere rifinanziato a breve termine sullo sfondo di un’incipiente recessione globale. Le banche centrali si apprestano a riesumare gli unici attrezzi che hanno a disposizione, e cioè pompando denaro nel sistema mentre allo stesso tempo ne distruggono il valore con i tassi negativi. Ciò non farà che peggiorare il problema, colpendo non solo i risparmiatori e le imprese ma anche le stesse banche che si intende soccorrere.

Non funzionerà nemmeno il tentativo di creare una nuova, gigantesca bolla, incanalando gli investimenti nell'”Economia verde”. Esso va comunque fermato perché porterà alla deindustrializzazione.

L’anniversario della fine degli accordi di Bretton Woods, il 15 agosto 1971, ci fa riflettere sull’origine degli attuali problemi economici, come Lyndon LaRouche capì già quarantotto anni fa. Contrariamente a quanto sostengono alcuni, che lo confondono con il gold standard britannico, il sistema di Bretton Woods era fondamentalmente un sistema di credito in cui l’oro era il riferimento per le parità monetarie stabilite tra il dollaro e le altre valute mondiali, parità che potevano essere aggiustate per decisione sovrana sulla base di valori economici reali. Il sistema bancario era regolato e offriva protezione agli istituti emittenti credito per le imprese e per le famiglie, vietando alle banche di deposito di svolgere attività di trading. Anche le scommesse dei derivati erano vietate. La soppressione del sistema di Bretton Woods e, in seguito, della regolamentazione bancaria, ha permesso la privatizzazione del potere di creazione di denaro e di credito, togliendo sovranità economica ai governi e affidandola ai mercati finanziari. E giunta l’ora di disfare questo potere.