Al ballottaggio delle elezioni presidenziali argentine il 22 novembre il neoliberista Mauricio Macri, leader della coalizione Cambiemos, ha vinto col 51.4% dei voti contro il 48.6% del candidato del Fronte della Vittoria Daniel Scioli, che era stato designato come successore dalla Presidentessa Cristina Fernández de Kirchner. I media legati alla City di Londra e a Wall Street hanno immediatamente inneggiato alla vittoria di Macri come segnale del fatto che gli argentini avessero respinto quella che descrivono come la politica “corrotta” ed “incompetente” delle due presidenze Kirchner (prima Néstor e poi Cristina Fernández de Kirchner) che secondo le loro menzogne avrebbe gettato il paese nella recessione e nella crescita zero, isolandolo a livello internazionale.

Tuttavia, Macri potrebbe fronteggiare una rivolta molto presto, visto che la sua coalizione ha la minoranza al Congresso. Anche se ha promesso di ribaltare la politica protezionistica e pro-sviluppo dei Kirchner, e tornare al monetarismo radicale che aveva deindustrializzato il paese, avrà bisogno dell’approvazione del Congresso per farlo. I peronisti, il Fronte della Vittoria e i gruppi a loro alleati, si batteranno per difendere gli ultimi dodici anni di conquiste sociali ed economiche, che hanno portato ad una forte riduzione della povertà e della disoccupazione.

Forse è per questo che Macri sembra più cauto del previsto, dopo le promesse fatte durante la campagna elettorale, ed ha dichiarato che non si può fare tutto “dalla sera alla mattina”. Il suo gabinetto di 26 ministri, soprattutto il “gabinetto economico” di sei persone, è tutto quello su cui potranno contare la City di Londra e Wall Street. Macri ha intenzione di abolire i controlli valutari e sui cambi, imporre una svalutazione, fare un accordo coi fondi avvoltoio che avevano dichiarato guerra finanziaria contro l’Argentina anni fa, e fare nuovi debiti con l’estero. Tutto questo, secondo Macri, farà dell’Argentina un paese affidabile e “prevedibile” agli occhi degli investitori stranieri. Ma sarà costretto a fare compromessi.

È significativo che l’Economist di Londra fosse particolarmente ottimistico sul piano di Macri per “riequilibrare” la politica estera allontanandosi dalle nazioni dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) di cui la Presidente Fernández era fermamente alleata, a favore di rapporti “normali” con Stati Uniti ed Europa. Come sottolinea il settimanale della City di Londra, l’Argentina “potrebbe stabilire un precedente per il resto della regione”, ovvero potrebbero cadere anche altri capi di stato “orientati a sinistra”. Il Brasile, membro dei BRICS, la cui Presidente Dilma Rousseff è sotto un feroce attacco politico, è il primo bersaglio, in quanto la sua rimozione potrebbe portare il Brasile fuori dai BRICS.