Mercoledì 6 luglio si è tenuta a Washington una conferenza dell’Instituto Chongyang per gli Studi di Finanza e dell’Istituto Nazionale degli Studi del Mar Cinese Meridionale, con oltre settanta giornalisti cinesi e americani, tre studiosi cinesi e due studiosi americani, compreso il direttore dell’uffficio di Washington dell’EIR William Jones. L’interesse è stato grande in ragione dell’imminenza di una decisione della Corte Permanente di Arbitrato dell’Aia su richiesta delle Filippine. Ai lavori della Corte la Cina ha deciso di non prendere parte e pertanto non ne rispetterà la decisione. Questa posizione è vista dagli Stati Uniti come un’occasione per aumentare ulteriormente la tensione sulla questione presentata come “libertà di navigazione” nel Mar Cinese Meridionale, aumentando così il potenziale di una guerra regionale.

Tra gli studiosi cinesi hanno partecipato il dott. Wu Shicun, presidente dell’Istituto Nazionale degli Studi del Mar Cinese Meridionale e senza dubbio il più ascoltato in Cina sulla questione, e il prof. Huang Renwei, vicepresidente dell’Istituto di Shanghai per gli Studi Internazionali, uno dei principali pensatoi della Cina.

La conferenza stampa è stata arricchita da una significativa domanda di Helga Zepp-LaRouche, presidente dello Schiller Institute, presente tra il pubblico.

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La parte cinese ha spiegato la sua posizione, sottolineando il fatto che con le Filippine non v’è stato alcun tentativo preliminare di negoziato. La presentazione del problema alla Corte dell’Aia è avvenuta dunque in violazione della Dichiarazione di Condotta firmata da tutte le nazioni dell’Asia Sudorientale, Filippine incluse, che le impegna a risolvere le dispute territoriali tramite negoziati diretti. L’arbitrato è visto dunque come un caso di collusione tra una delle parti in disputa e il referente presso la Corte, con il sostegno, naturalmente, degli Stati Uniti, che insistono nel sostenere di non essere una parte della disputa.

Il professore dell’Accademia Navale americana Brian Mulvaney ha presentato la visione ordinaria, cioè quella dell’Amministrazione Obama: gli Stati Uniti possono inviare le proprie navi militari ovunque vogliano con operazione di “libertà di navigazione” e la Cina deve rispettare qualunque cosa venga decisa dall’arbitrato.

Nei suoi commenti, William Jones ha sottolineato l’importanza della visita della delegazione cinese in ragione del pericolo di guerra costituito dalla concentrazione di forze militari nella regione da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati, e della distorsione sistematica delle posizioni cinesi da parte dei media americani.

“La politica americana è completamente sbagliata”, ha affermato Jones.

“Invece di provare a costruire rapporti globali con la Cina, socialmente, economicamente, politicamente e militarmente, gli Stati Uniti trattano la Cina come un predatore alieno anche nella propria regione di influenza più naturale. Invece di tentare di facilitare i rapporti cinesi con i propri vicini, essi hanno rafforzato e incoraggiato le loro alleanze da guerra fredda per aizzarle contro la Cina”, ha precisato.

“E quando la decisione arbitrale sarà espressa la prossima settimana, gli Stati Uniti cominceranno a dire che la Cina deve accettarla alla luce del diritto internazionale, una posizione che molti esperti legali, anche americani, considerano assurda”.

“Mi chiedo”, ha proseguito Jones, “come reagirebbero gli Stati Uniti se vi fosse una flotta militare appartenente a un’alleanza straniera in pattugliamento di dodici miglia al largo delle coste californiane. Penso che sappiamo come reagirebbero, ma la Cina tenderebbe a mostrare più ragionevolezza”.

“La Cina ha prospettato un’importante ‘buona politica di vicinato’ tramite la proposta ‘Una Cintura – Una Via’, offrendo speranza e sviluppo a una regione che è ancora segnata dalla povertà e dalla distruzione. Gli Stati Uniti l’hanno interpretata come un intento ostile di Pechino, invece di riconoscere che sono stati invitati a prendere parte a questo grande programma di sviluppo infrastrutturale”.

“Se questo non basta, la crisi del Mar Cinese Meridionale ha mostrato a tutti in modo netto che abbiamo bisogno di un nuovo tipo di rapporti tra le nostre due nazioni, forse in linea con la visione del Presidente Xi Jinping che prevede rapporti tra le massime potenze. Se continuiamo con questo gioco a somma zero interno alla geopolitica, ci attende soltanto la guerra”.

La reazione del pubblico è stata di entusiasmo. A Jones son state rivolte molte domande.

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La domanda di Helga Zepp-LaRouche ha toccato nuovamente il problema del rischio di guerra, ed era rivolta a Mulvaney.

“Vi sono molti militari di esperienza internazionale che avvertono che oggi il pericolo di guerra è maggiore che al culmine della Guerra Fredda. Siamo inoltre nel mezzo di un nuovo crac finanziario, peggiore di quello del 2008. Penso che le attività terroristiche, specialmente quelle delle ultime due settimane in Bangladesh, in Turchia, in Indonesia e nelle nazioni europee dimostrino nettamente che il terrorismo è fuori controllo. A ciò si aggiunga che con la Brexit l’Unione Europea è in corso di disintegrazione, decisamente”.

“La mia domanda è se l’umanità possa ergersi al livello superiore della cooperazione e passare a un Nuovo Paradigma in cui la geopolitica sia superara e sostituita dagli scopi comuni dell’umanità. Voglio dire che il mondo ha un disperato bisogno della cooperazione tra Stati Uniti e Cina, poiché se queste due nazioni non si stringeranno la mano il mondo resterà in pericolo. In altre parole, può il mondo passare ad un Nuovo Paradigma di pacifica cooperazione sui compiti futuri di tutta l’umanità?”

Rispondendole, Mulvaney ha ridimensionato il pericolo di qualunque serio conflitto militare nel Mar Cinese Meridionale, spingendosi a dire, stupidamente, che se anche dovesse verificarsi un incidente, esso non porterebbe alla guerra, ma le sue conseguenze sarebbero contenute. (Chiedete all’arciduca Francesco Ferdinando, se non bastò un singola pallottola a scatenare un inferno). Mulvaney ha cercato anche di ridicolizzare il bisogno di un nuovo paradigma, dicendo che gli piacerebbe un mondo di armonia tra i popoli ma che, da consumato pragmatista quale è, questo non è il mondo in cui viviamo.

Conclusa la conferenza, molti giornalisti si sono rivolti a Jones interrogandolo sul Mar Cinese Meridionale e sulla reazione che la Cina dovrebbe avere alla decisione arbitrale.

La conferenza ha concluso due giorni di soggiorno della delegazione cinese, impegnata in due discussioni in privato, una con l’Istituto Carnegie per la Pace Mondiale (una denominazione abbastanza impropria) e una con lo Schiller Institute.

A breve sarà disponibile la videoregistrazione.