Il 22 agosto, un organismo sostenuto dalle Nazioni Unite ha “ufficialmente” dichiarato che nella Striscia di Gaza sussistono condizioni di carestia. “Dopo 22 mesi di conflitto incessante, oltre mezzo milione di persone nella Striscia di Gaza affrontano condizioni catastrofiche caratterizzate da fame, miseria e morte”, e più di un milione si trovano in condizioni di “emergenza”, secondo i dati della Integrated Food Security Phase Classification.
Ciononostante, il regime israeliano continua a limitare la consegna di cibo e beni umanitari, mentre prepara la completa conquista militare di Gaza City, con l’intenzione di “impiegare tutte le proprie capacità”, come dichiarato dal Capo di Stato Maggiore delle Forze di Difesa.
Per questo motivo, lo Schiller Institute chiede all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di valutare l’attuazione della “Risoluzione 377, Uniting for Peace” nella sessione di settembre. In base a tale risoluzione, se il Consiglio di Sicurezza è bloccato dal veto di uno o più membri permanenti (in questo caso, gli Stati Uniti), l’Assemblea Generale può raccomandare misure, incluso l’uso della forza armata se necessario, per ristabilire la pace.
L’urgenza di intervenire subito per fermare l’orrore è sottolineata dai dati provenienti dallo stesso esercito israeliano, riportati dal Guardian e da Local Call. Secondo il database di intelligence classificato delle IDF, almeno l’83% dei palestinesi uccisi nell’offensiva israeliana contro Gaza fino a maggio erano civili. Una percentuale impressionante di morti civili rispetto a qualsiasi guerra degli ultimi decenni. Eppure, il governo israeliano afferma che, dopo 22 mesi di guerra, Hamas non è stato eliminato, né gli ostaggi sono stati liberati.
Il Gaza Tribunal, presieduto da Richard Falk, ex relatore speciale ONU per i diritti umani nei territori palestinesi (2008–2014), ha emesso una dichiarazione d’emergenza intitolata “Time To ACT: Mobilizing Against Israel’s Planned Conquest on Gaza City and Central Gaza.” Falk aveva anche espresso le sue opinioni durante l’incontro del 15 agosto della International Peace Coalition. La dichiarazione avverte che l’attuale escalation israeliana, nonostante l’opposizione di alcuni suoi stessi leader militari, per l’occupazione finale di Gaza City “sfida profondamente i Governi Membri dell’ONU, così come le Nazioni Unite come organizzazione e altre istituzioni multilaterali, a prendere misure drastiche subito.”
Il Gaza Tribunal propone “nulla di meno che l’immediata autorizzazione a un intervento armato a Gaza per fermare il genocidio e fornire le capacità necessarie a garantirne il successo… In considerazione della gravità e della portata della drammatica situazione a Gaza, sollecitiamo l’Assemblea Generale ad autorizzare in via d’urgenza la formazione immediata di un intervento armato adeguatamente equipaggiato e finanziato per porre fine al genocidio.” Ciò potrebbe essere fatto sia ai sensi della Risoluzione 377, sia nell’ambito del principio della “Responsabilità di Proteggere” adottato nel 2005. Il Tribunale chiede inoltre a tutti i governi di sospendere le forniture di armi a Israele e di isolare ulteriormente il governo Netanyahu dagli affari mondiali. (Nella foto il criminale Netanyahu applaudito dal Congresso USA. Gli Stati Uniti pongono il veto a qualsiasi risoluzione contro Israele)