Mentre Trump sembra intenzionato ad arrivare fino alla Corte Suprema per cercare di invalidare i risultati elettorali, uno sguardo ai futuri ministri di Biden la dice lunga sui motivi dietro la propaganda anti-Trump degli ultimi quattro anni. Nel 2016, Trump vinse in primo luogo perché si opponeva a) all’establishment finanziario e di intelligence che aveva dettato la politica delle amministrazioni Bush e Obama, b) alla politica economica neoliberista e globalista, compresi gli accordi sovrannazionali che hanno devastato l’economia fisica, e alla politica anti-industriale dell’Accordo di Parigi sul clima.
Per fermare quest’agenda è stato mobilitato l’intero “deep state” con lo scopo di rovesciare il Presidente eletto a tutti i costi. La bufala del Russiagate faceva parte di quel tentativo, ma Trump non ha capitolato. Quando è diventato chiaro per l’establishment che non sarebbe stato possibile impedirgli di candidarsi per un secondo mandato, si è fatto ricorso ad un personaggio discutibile, Joe Biden, come il burattino che avrebbe permesso di riprendersi il potere. Nella consapevolezza che il senile Biden non fosse esattamente una figura carismatica, né un trascinatore, è stata presa la decisione di truccare le elezioni per impedire una seconda vittoria di Trump. Nonostante gli sforzi dei media di negare l’esistenza di brogli, il team di avvocati di Trump ha raccolto molte prove che puntano alle stesse reti responsabili del Russiagate e ha avviato numerose azioni legali. Le prove saranno passate in rassegna, tra l’altro, alla conferenza dello Schiller Institute del 12 dicembre.

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https://schillerinstitute.nationbuilder.com/conference_20201121