Mentre i media e la politica sembrano condividere l’idea che la colpa delle quasi duecento vittime delle recenti alluvioni in Germania e Belgio siano i “cambiamenti climatici”, uno degli aspetti principali su cui occorrerebbe indagare è il ruolo degli ambientalisti nell’impedire o ritardare misure necessarie di protezione.
Esattamente questo dibattito è scoppiato in Austria, dopo che il ministro dell’Agricoltura, Elisabeth Köstinger, ha dichiarato alla Die Presse il 18 luglio di non avere “la più pallida comprensione per il fatto che le ONG ritardino le procedure di approvazione per anni, così impedendo l’efficace protezione delle persone e dei beni (…) Investire nelle misure protettive è una priorità. La gente sul territorio non ha la minima comprensione per le obiezioni delle ONG che risultano in anni di ritardi nell’esecuzione dei progetti”.
In realtà gli ambientalisti hanno fatto di più: non solo hanno ritardato i progetti, ma hanno abbattuto le misure protettive esistenti e ne vanno perfino fieri. Alla fine del 2019 l’Ente Federale per l’Ambiente tedesco (Umweltbundesamt) ha prodotto e pubblicato un breve documentario sulla rinaturalizzazione del fiume Ahr, spiegando che 62 km del fiume sono stati “rinaturalizzati e resi vivibili per i pesci (…) A questo scopo, sono stati rimossi quasi cento ostacoli per i pesci dall’inizio degli anni novanta (…) Da allora, l’Ahr può svilupparsi liberamente e formare strutture naturali” (https://www.youtube.com/watch?v=svJ4G_f4fTE).
Proprio così. Ma ovviamente, ci si è dimenticati della protezione degli abitati, o la si è forse deliberatamente ignorata. In una dichiarazione pubblicata su FB, Alexander Hartmann, candidato alle elezioni di settembre per il Bürgerrechtsbewegung Solidarität (BüSo), ha sollecitato un’inchiesta per indagare “fino a che punto queste ‘misure di rinaturalizzazione’ siano state la concausa dei disastri alluvionali nella valle dell’Ahr e se si sia in presenza di colpevole negligenza da parte delle autorità responsabili”.
Per il WWF del principe Carlo, la rinaturalizzazione dell’Ahr è solo l’inizio. In un documento pubblicato nell’aprile scorso, intitolato “Nuove analisi del WWF mostrano un grande potenziale per il restauro dei fiumi attraverso la rimozione delle barriere in Europa” (https://www.wwf.eu/?2898441/New-WWF-analysis-shows-huge-potential-for-river-restoration-through-barrier-removal-in-Europe), il WWF sollecita un intero programma per rimuovere le barriere nei fiumi europei, identificandone, in un campione che ne rappresenta il 3% del totale, oltre seimila da eliminare e che “libererebbero” quasi 50 mila km di fiumi.
I fiumi europei, lamenta il WWF, “sono i più frammentati del mondo. Le barriere – come le dighe per la produzione idroelettrica – sono uno dei motivi principali per cui i fiumi non riescono a raggiungere un buon stato ecologico secondo la Direttiva-quadro sull’Acqua dell’UE, e sono una delle principali cause del 93% di riduzione delle popolazioni ittiche migratorie di acqua dolce negli ultimi decenni”.
Apparentemente, lo scopo del WWF è quello di allontanare la civiltà dai fiumi, là dove essa ha tratto origine, per far posto ai pesci.