Il prossimo 7 ottobre saranno discussi tre ricorsi introdotti davanti al Tar del Lazio contro la trasformazione delle Banche Popolari in S.p.A., riforma promossa dal Governo Renzi con un decreto all’inizio di quest’anno e approvata in via definitiva dal Parlamento a marzo.

Com’è noto, la legge impone a tutte le Banche Popolari con attivi sopra gli 8 miliardi di euro di diventare società per azioni, come le altre grandi banche del paese. La giustificazione per la riforma sarebbe di aumentare la competitività e l’efficienza del sistema bancario italiano, presumibilmente troppo legato agli interessi dei soci piccoli e alle esigenze dei territori locali.

Pochi giorni fa, il 21 settembre, si è tenuto un convegno al Pirellone (sede del Consiglio Regionale della Lombardia) per chiamare a raccolta gli oppositori di questa riforma, compresi alcuni dei promotori dei ricorsi.

In primo luogo c’era il Consigliere Regionale Antonio Saggese, della Lista “Maroni Presidente”, che ha organizzato e presieduto l’incontro. La Regione Lombardia aveva presentato il proprio ricorso il 22 maggio 2015, basandosi – nelle parole di Saggese – sulla incostituzionalità della legge “in quanto, in considerazione del carattere delle Popolari, invade il campo dell’autonomia regionale”. Il tema delle Popolari è infatti molto sentito in Lombardia, per la storia degli istituti stessi e il conseguente coinvolgimento nella vita economica della regione.

Saggese ha aperto l’evento parlando della “spinta speculativa” che anima la riforma, e dunque la possibilità che le banche straniere potranno mettere le mani sui capitali di un’area con grande ricchezza. Ha anche sollevato il rischio di perdere oltre 100 mila posti di lavoro in un eventuale processo di consolidamento, portando a problemi sociali significativi che interesseranno anche il governo delle regione.

Tra i relatori del convegno, oltre al Prof. Giulio Sapelli e al giornalista Gianfranco Fabi, c’erano anche il Prof. Marco Vitale, ex vicepresidente della Banca Popolare di Milano, e Giovanni Schiavon, Presidente dell’Associazione Azionisti Veneto Banca. I due sono tra i promotori di un altro ricorso per conto di diverse associazioni di soci delle popolari, presentato dagli avvocati Francesco Saverio Marini e Ulisse Corea dello studio legale Marini, insieme al professor Fausto Capelli.

Nel loro lungo ricorso gli attori denunciano varie violazioni della Costituzione e anche della Carta dei diritti dell’Unione europea. Si va dalla lesione ai diritti dei soci cooperativi, alla violazione del principio di uguaglianza, del diritto di proprietà e della libertà di iniziativa economica.

Sono intervenuti a Milano anche Elio Lannutti e Rosario Trefiletti, rispettivamente presidenti delle associazioni dei consumatori Adusbef e Federconsumatori. Nell’annunciare il loro ricorso a giugno le associazioni avevano puntato il dito contro il gioco più grande, denunciando la volontà di distruggere “un patrimonio antico di conoscenza, democrazia e di sapere locale… sull’altare di globalizzazione e centralizzazione decisionali”.

Infatti oltre agli aspetti tecnici della riforma, su cui i tribunali italiani dovranno pronunciarsi tra poche settimane, il punto principale dei ricorsi è quello politico, cioè la denuncia del tentativo di eliminare il sistema delle banche popolari per adeguarsi alla globalizzazione finanziaria, togliendo le protezioni e le garanzie per i territori locali e aprendo un nuovo terreno di conquista per i grandi capitali internazionali.

Conviene non farsi illusioni: l’efficienza di cui parla il Governo e la Banca Centrale Europea è quella dei mercati globalizzati. Ai campioni delle riforme strutturali poco importa sentire di come le Popolari hanno continuato a prestare i soldi durante gli anni della crisi, o della democrazia economica rappresentata dal voto capitario. Per loro l’importante è aprire ogni settore dell’economia non ancora soggetto alle regole del mercato, cioè all’intervento della finanza.

Il concetto di base è che il mercato “libero” decide meglio come stanziare le risorse. Ogni intervento di interessi particolari viene considerato una distorsione.

Naturalmente i fautori di queste riforme si giustificano citando gli scandali e la corruzione di certe strutture locali di potere, ma è ironico sentire dire che gli attori locali sono sempre delle lobby pericolose, dimenticando chi ha provocato il crac finanziario ed economico mondiale speculando sui mercati internazionali.

Durante il dibattito è intervenuto Andrew Spannaus che ha ricordato ai presenti la campagna di MoviSol per una “riforma strutturale” che va nell’altra direzione: quella della separazione tra banche ordinarie e banche d’affari sul modello Glass-Steagall. Ha citato le numerose proposte di legge in Italia a livello nazionale e anche regionale (quella in Lombardia reca come primo firmatario proprio Saggese), oltre alla battaglia in altri paesi europei e soprattutto negli Stati Uniti, dove il tema è riemerso recentemente nella campagna per le primarie, diventando il cavallo di battaglia di due candidati democratici, l’ex governatore del Maryland Martin O’Malley e il Sen. Bernie Sanders, firmatario insieme alla Sen. Elizabeth Warren di un disegno di legge per il ripristino del Glass-Steagall Act di F. D. Roosevelt.

Infine si è parlato di come la politica economica dominante nel mondo occidentale, che ispira le riforme come quella sulle Banche Popolari, stia provocando un indebolimento della classe media e un aumento della povertà. Di conseguenza aumentano le tensioni internazionali, in quanto i nuovi attori dell’economia mondiale – in primis la Cina, ma anche altri per via delle iniziative più ampie dei BRICS – riempiono il vuoto lasciato dal calo della nostra credibilità e capacità.

Un cambiamento di rotta, che ci permettesse di riprendere un percorso di crescita solida e di innovazione nell’economia reale, cambierebbe la dinamica mondiale.