Magdalena Martullo-Blocher (foto), figlia del fondatore del Partito Popolare Svizzero (SVP) ed ella stessa membra del Parlamento, ha ricordato in un’intervista al portale news Watson che il sistema di separazione bancaria proposto dal SVP e dalla sinistra nel 2009, dopo il salvataggio pubblico di UBS, avrebbe impedito la debacle di Credit Suisse. “La parte più rischiosa di una banca avrebbe potuto fallire, separata”, ha detto. Ma le regole del “too big to fail”, che furono preferite, non riescono a gestire il problema di una fuga dei depositi o il soccorso di liquidità, che è lasciato alla banca centrale. “Credit Suisse ora ha bisogno di somme così ingenti che nemmeno la SNB (banca centrale) è in grado di farcela e deve demandare il compito allo stato. Le garanzie pubbliche da sole corrispondono ad una volta e mezzo il bilancio federale”.
Se fosse stata adottata, la riforma proposta all’epoca avrebbe impedito le perdite subite dai clienti, dai fondi pensioni e dalle assicurazioni come risultato della liquidazione di CS. Ad esempio, Migros, la seconda catena di supermercati (dopo Coop), si è ora unita in azione legale ad altri clienti piccoli e grandi che hanno visto azzerare il valore dei cosiddetti Co-Co bonds. Il fondo pensione di Migros ha perso 110 miliardi di franchi, di cui 100 dalla cancellazione dei Co-Co e 10 dalla svalutazione delle azioni. In un regime di separazione bancaria alla Glass-Steagall, ai fondi pensione non sarebbe permesso di investire in strumenti ad alto rischio.
Le chance di successo dei ricorsi sono magre, perché nei contratti che hanno firmato si dice esplicitamente che il valore delle obbligazioni sarebbe stato completamente azzerato in casi speciali come un’imminente bancarotta o un indispensabile intervento pubblico. Ma in ultima analisi si tratta di una decisione politica, che dipende dalla legittimità o meno dello stato di emergenza dichiarato dal governo per giustificare le misure prese.