Con l’avvicinarsi della fine dell’anno, la tensione tra le due traiettorie simultanee e opposte nel mondo sottolinea l’urgente necessità di una nuova architettura di sicurezza e sviluppo internazionale. Da un lato, la Maggioranza Globale si sta muovendo per consolidare le relazioni di cooperazione e gli accordi vantaggiosi per la crescita per tutti, mentre dall’altro lato, una classe elitaria occidentale sempre più irrilevante, ma dotata di armi nucleari, è pronta a tutto pur di impedire la pace in Ucraina e/o di fomentare un nuovo conflitto in altre parti del globo.

Tra i paesi membri dei BRICS+ si è svolta un’intensa attività diplomatica. Solo nell’ultima settimana, i leader di Cina, India, Russia, Brasile, Iran, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Giordania si sono incontrati in varie occasioni per discutere il rafforzamento delle relazioni bilaterali, le prospettive di sviluppo economico e il rafforzamento del ruolo dei BRICS e dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai nella creazione di un sistema mondiale più stabile e prospero.

Si confronti questo con la triade che guida la “Coalizione dei volenterosi” (E3) ovvero Keir Starmer, Friedrich Merz ed Emmanuel Macron, che si agganciano ancora alla retorica di infliggere una “sconfitta strategica” alla Russia come unico mezzo per garantire la propria sopravvivenza politica.

Dopo che, il 14 dicembre, le delegazioni statunitense e ucraina, compreso Zelensky, ma esclusi i suoi tutori europei, avevano discusso per cinque ore su un possibile accordo di pace a Berlino, il giorno successivo si sono uniti a loro i tre nani (Starmer, Merz e Macron), i quali hanno cercato di capire come temporeggiare, se non sabotare qualsiasi accordo di questo tipo. Mentre Zelensky ha accettato di rinunciare alla richiesta di adesione alla NATO, gli europei insistono sulla formazione di una forza multinazionale composta dai paesi della Coalizione dei Volenterosi per “proteggere la pace” in Ucraina. La Russia ha ripetutamente rifiutato la presenza di tali truppe europee ai propri confini, data la bellicosità dei loro leader; si tratta quindi di un palese stratagemma per attribuire al Cremlino la responsabilità di un eventuale fallimento dell’accordo.

Ciononostante, potremmo essere vicini a una risoluzione del conflitto in Ucraina. La Crimea e la maggior parte del Donbass rimarranno russe, anche se la questione delle concessioni territoriali è ancora da definire. È ovvio a tutti che senza gli Stati Uniti l’Europa non ha i soldi, la potenza militare o il sostegno popolare necessari per sostenere lo sforzo bellico. Ma il sistema geopolitico non è ancora stato abolito e altre crisi potrebbero scoppiare ora. In Iran, ad esempio, cresce il timore che Israele lanci nuovi attacchi, nonostante l’opposizione di Trump. Nell’emisfero occidentale, l’amministrazione Trump ha dichiarato che tutta l’America Latina e i Caraibi sono zona di influenza esclusiva degli Stati Uniti e intende cacciare dalla regione sia la Cina che la Russia, impresa alquanto velleitaria, soprattutto per quanto riguarda la prima.

Tutti questi conflitti, sullo sfondo del crollo delle strutture finanziarie internazionali, indicano la necessità di un sistema di relazioni internazionali completamente nuovo, libero dalla geopolitica e orientato alla cooperazione reciproca, come definito succintamente nei Dieci Principi proposti dallo Schiller Institute (https://schillerinstitute.com/blog/2022/11/30/ten-principles-of-a-new-international-security-and-development-architecture/).