Il 27 ottobre l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione A/ES-10/L.25 che chiede una tregua umanitaria nella striscia di Gaza. La risoluzione, presentata dalla Giordania e da altre nazioni arabe, è stata approvata con una larga maggioranza, con 120 voti favorevoli, 45 astenuti e 15 contrari. Pur non vincolante, la risoluzione ha grande importanza politica, perché mostra l’isolamento internazionale del governo reazionario di Netanyahu e le profonde divisioni nel fronte occidentale, che pur era riuscito a bloccare una risoluzione del Consiglio di Sicurezza – questa sì, vincolante – pochi giorni prima.
L’ambasciatore israeliano all’ONU, Gilad Erdan, parlato di giorno “d’infamia” e ha negato che ci sia una crisi umanitaria a Gaza (https://news.un.org/en/story/2023/10/1142847).
L’Unione europea ha mostrato profonde divisioni. Alcune nazioni, come Italia, Regno unito e Germania, si sono astenute, mentre altre, come Austria, Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, hanno votato contro, ma Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Lussemburgo e Malta (in pratica tutta l’Europa latina tranne l’Italia) ha votato a favore.
Va fatto notare che, sia le nazioni che hanno votato No, che quelle che si sono astenute, hanno motivato le proprie posizioni adottando le argomentazioni di Washington: che la risoluzione “non condanna Hamas”, che “non chiede il rilascio degli ostaggi” e non afferma “il diritto di Israele a difendersi dall’aggressione”. Tuttavia, a una lettura del testo (disponibile qui: https://www.onuitalia.com/2023/10/29/gaza-the-text-of-the-general-assembly-resolution-adopted-on-october-27/) tali argomenti si rivelano disonesti.
Riguardo al primo, il preambolo della risoluzione afferma: “Condannando tutti gli atti di violenza contro civili palestinesi e israeliani, compresi tutti gli atti di terrorismo e gli attacchi indiscriminati, come pure gli atti di provocazione, incitamento e distruzione”.
Quanto al secondo, al punto 7 la risoluzione “Chiede il rilascio immediato e incondizionato di tutti i civili tenuti illegalmente prigionieri, esigendo la loro salvezza, la loro salute e un trattamento umano in conformità con il diritto internazionale”.
Il terzo argomento non è trattato esplicitamente, è vero, ma lo è implicitamente all’inizio, nella primissima frase, che dice che l’Assemblea Generale è “Guidata dagli scopi e dai principi della Carta delle Nazioni Unite”. Ebbene, l’Art. 51 della Carta afferma il diritto di ogni nazione a difendersi dalle aggressioni di un’altra entità. Lo si insegna a scuola, figuriamoci se i diplomatici non lo sanno.
Ma, pur se imperfetta, la risoluzione era focalizzata sull’urgenza di proteggere la vita umana stabilendo una tregua. A parte la popolazione di Gaza, come giustificano, i diplomatici che hanno concittadini tra gli ostaggi e hanno votato contro, il giuramento infranto di proteggere i propri compatrioti?
Il rappresentante francese all’ONU, Nicolas de Riviere, che ha votato a favore della risoluzione, ha puntualizzato esattamente questo. “Niente – ha dichiarato – può giustificare la sofferenza dei civili. Tutte le vittime meritano la nostra compassione, tutte le vite sono uguali e non c’è gerarchia tra di esse.” Il diplomatico transalpino si è rammaricato, come altri suoi colleghi occidentali, che la risoluzione non contenesse una condanna esplicita di Hamas; purtuttavia “dobbiamo adoperarci collettivamente per stabilire una tregua umanitaria” ha detto, “che possa eventualmente condurre a un accesso senza impedimenti e sostenibile alla Striscia di Gaza”.