Rispondendo all’articolo-domanda “Chi comanderà il mondo?” sulla copertina di Foreign Affairs, sulla medesima rivista lo studioso cinese Yan Xuetong, decano dell’Istituto per le Relazioni Internazionali dell’Università di Tsinghua, si è espresso criticamente contro il “trumpismo” che a suo dire comporterebbe “l’abdicazione dalla guida politica del globo”, ma nota come ciò sarebbe il risultato dell’aver “spinto alcune nazioni contro la Cina, in modo che sarebbero stati inconcepibili solo qualche anno fa”. Il riferimento è al Giappone, nel citare il quale il professore però manca di osservare che, a differenza di Obama, Trump non ha obiettato al riavvicinamento del Sol Levante con la Cina o con la Russia.

Cosa più importante, Yan Xuetong nega le premesse dell’articolo del pensatoio privato Council on Foreign Relations, e cioè che vi debba essere qualcuno a comandare il mondo. Ciò facendo, punta il dito sull’imminente crisi finanziaria globale: “Lo scenario più plausibile è che una nuova crisi economica globale nei prossimi anni costringa i dirigenti politici degli Stati Uniti e della Cina ad accantonare per un momento i motivi di disaccordo al fine di evitare [altre] calamità economiche”.