Il defunto economista americano Lyndon LaRouche affermava spesso che, così come il denaro non è una misura del valore reale in un’economia, nemmeno l’apprezzamento dei valori azionari è segno di un’economia sana. L’euforia per le ascese giornaliere o anche orarie in Borsa è un segno di pio desiderio o di semplice idiozia, ma purtroppo caratterizza la maggior parte dei commenti economici e finanziari. Una rassegna delle bolle speculative delle azioni e delle obbligazioni che dal 1987 si gonfiarono quindi scoppiarono, in contrasto con il continuo declino della produzione di beni fisici, soprattutto nelle macchine utensili e nell’industria pesante, rende chiaro che l’aumento dei valori azionari è stato trainato da qualcosa di ben diverso di una crescita economica reale.
Questo è particolarmente vero dal crac del 2008. Il costante aumento dei prezzi delle azioni è stato in gran parte dovuto al credito sempre più a buon mercato della Federal Reserve, a partire dai salvataggi successivi al crac, seguito dal Quantitative Easing. Quando lo scorso settembre iniziò un nuovo crollo, la Fed dovette intervenire per rilevare i prestiti overnight nei “mercati PcT”, perché i tassi di indebitamento erano saliti alle stelle e il volume dei debiti inesigibili aveva raggiunto livelli insostenibili, minacciando crolli a catena se non fosse stata iniettata nuova liquidità.
La “crisi di liquidità” è continuata lo stesso ed è stata alleviata solo temporaneamente quando, durante il blocco del Coronavirus, la Fed ha promesso di fornire almeno 4.000 miliardi di dollari in denaro, praticamente gratuito, agli speculatori, con altri in arrivo se necessario. Alcuni dei programmi sono stati concepiti in sostegno delle aziende, ma sono mancate disposizioni per una politica creditizia che rilanci le industrie manifatturiere e di produzione di beni.
La media del Dow Jones, che aveva raggiunto un picco di 29.551 il 12 febbraio, era scesa a 20.188 il 16 marzo, per poi risalire a 25.871 il 21 giugno, portando molti analisti a dire che questo sembra essere un segno dell’auspicata ripresa “a V”. Non così in fretta, ha detto il presidente della Federal Reserve Jerome Powell, in un comunicato della scorsa settimana. Egli ha annunciato che, poiché v’è una “significativa incertezza” sul rimbalzo, la Fed ha deciso di mantenere i tassi di interesse al loro attuale basso livello fino al 2022.
Quando parla di incertezza, si può supporre che Powell si renda conto che alimentare una bolla azionaria tramite tassi di interesse bassi non aiuterà la stragrande maggioranza degli americani che vivono, nella migliore delle ipotesi, con il loro stipendio. Questa maggioranza include ora tra i 40 e i 50 milioni di disoccupati che hanno perso il lavoro da metà marzo. Uno studio pubblicato dalla centrale rischi TransUnion ha mostrato che presto potrebbe esservi un'”ondata di inadempienze e sfratti” alla scadenza delle dilazioni nei pagamenti di vari prestiti concesse in base al Covid-19. Una “ripresa a forma di V” nel mercato azionario avrà scarso beneficio per la maggior parte dei milioni di persone attualmente protette da queste misure, che non hanno le risorse per investire in azioni!
Quello che serve è un programma per ricostruire l’economia reale, con posti di lavoro produttivi e buoni salari, come quello che sarà discusso nella videoconferenza dello Schiller Institute il 27 giugno.

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