Nelle settimane precedenti all’inaugurazione del 45mo Presidente degli Stati Uniti, una coalizione impazzita di democratici obamiani e repubblicani seguaci di Mccain e Graham hanno fatto di tutto per cercare di delegittimizzare il risultato elettorale e danneggiare le prospettive di migliorare i rapporti con la Russia.

Se la versione per il pubblico del briefing dato dalla comunità di intelligence prima a Obama e poi a Trump è un’indicazione, l’accusa che il Presidente Putin abbia ordinato di manipolare le elezioni americane a favore di Trump è inconsistente come quella che Saddam Hussein avesse grandi arsenali di armi di distruzione di massa. Delle venticinque pagine date alla stampa, sette sono dedicate a una denuncia isterica dell’emittente televisiva RT, che trasmette via cavo negli USA con seguito crescente.

Lo stesso Trump ha tenuto a precisare, prima del briefing, di essere scettico sul rapporto degli enti di intelligence, e dopo di esso ha confermato il proprio impegno a un reset genuino dei rapporti con la Russia. Il fatto che la NSA, l’ente responsabile per le azioni informatiche, si sia dichiarata insicura sulle conclusioni del rapporto è stato un altro colpo alla campagna di propaganda dei media.

Nel frattempo, Vladimir Putin procede chiaramente sul presupposto che questi tentativi in extremis di rovinare una ripresa della cooperazione USA-Russia falliranno. Così, egli coopera con Turchia e Iran per creare le precondizioni a una fine della guerra siriana e per sconfiggere le forze dello Stato Islamico a Mosul e nel territorio rivendicato dal “Califfato”.

L’analista militare Patrick Lang, ex capo del programma di human intelligence della DIA, ha notato che la vittoria russo-siriana ad Aleppo ha dimostrato che la guerra in Siria si può vincere militarmente – qualcosa che Putin ha compreso, mentre gli sciocchi leader occidentali credevano alla propria propaganda sulla rivolta e presumevano che i combattimenti in Siria sarebbero andati avanti all’infinito. Come le disavventure USA e NATO in Afghanistan e Iraq.

Le provocazioni di Obama sono continuate anche negli ultimi giorni della sua permanenza alla Casa Bianca. Il 6 gennaio sono sbarcati a Bremerhaven i primi carri armati e altri mezzi militari da stazionare con un’intera brigata in Polonia e altri Paesi dell’Europa orientale e del Baltico. E un giorno prima la USS Carl Vinson, una portaerei a propulsione nucleare, è salpata alla volta del Mar della Cina Meridionale, dove dovrebbe arrivare il 20 gennaio, il giorno dell’inaugurazione.