Assediata da 1399 trattori giunti a Bruxelles la mattina del 1° febbraio, la Commissione europea ha manifestato l’intenzione di accordare alcune concessioni. Gli agricoltori saranno autorizzati a coltivare il 4% dei loro terreni agricoli che l’UE aveva precedentemente ordinato di lasciare incolti e a vendere la loro produzione su questi terreni, senza perdere il sostegno agricolo previsto. Inoltre, la Commissione propone misure per limitare qualsiasi aumento incontrollato delle importazioni agricole ucraine, offrendo garanzie agli agricoltori e prospettando loro nuove “salvaguardie” contro le importazioni. Ciononostante, il pollame, lo zucchero e il grano ucraini saranno ancora ammessi in franchigia.
Poiché gli agricoltori di tutta Europa hanno cestinato l’offerta della Von der Leyen, questa ha tentato il trucco pochi giorni dopo, annunciando che la Commissione riconosce le ragioni della protesta e ha deciso di ritirare la controversa direttiva sul regolamento dell’uso sostenibile (SUR), che mirava a dimezzare l’uso dei pesticidi entro il 2030. “La proposta SUR è diventata un simbolo di polarizzazione”, ha dichiarato von der Leyen in un discorso alla plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo. “È stata respinta dal Parlamento europeo. Non ci sono più progressi nemmeno in Consiglio. Quindi dobbiamo fare qualcosa”.
La Von der Leyen ha versato lacrime di coccodrillo sulle sofferenze degli agricoltori europei, affermando che “Per andare avanti, sono necessari più dialogo e un approccio diverso”, ma l’annunciata concessione è falsa: la direttiva è già stata respinta dal Parlamento europeo e non sarebbe sopravvissuta alla fase successiva del processo legislativo, il “trialogo” tra la Commissione, il PE e il Consiglio UE, che ovviamente si sarebbe schierato con il PE. Gli agricoltori di tutta Europa non cadranno nel tranello.
Nel frattempo, il momento clou della protesta degli agricoltori a livello europeo è la “Marcia su Roma” (foto) annunciata dalle organizzazioni agricole di base nel fine settimana. Circa 1500 trattori hanno raggiunto la capitale e l’hanno circondata, in attesa dell’esito delle trattative con le forze dell’ordine su come e quando entrare in città. Il CRA (Comitati Riuniti Agricoli), uno degli organizzatori della protesta, ha annunciato l’ingresso per giovedì 8 febbraio.
A parte le singolarità di ogni comparto nazionale, gli agricoltori di tutta Europa chiedono una revisione profonda delle politiche agricole dell’UE e che non si arrenderanno prima di aver raggiunto questo obiettivo. Le proteste, quindi, continueranno e si terranno anche in altri luoghi: i porti marittimi, come quello di Zeebrugge in Belgio, sono stati bloccati dai cortei di trattori, mentre in Germania sono stati presi di mira i porti marittimi e fluviali e i magazzini di stoccaggio dei principali supermercati. Anche a livello geografico le agitazioni si stanno diffondendo. I trattori portoghesi hanno bloccato un importante punto di passaggio al confine con la Spagna, mentre gli attivisti agricoli spagnoli hanno annunciato uno sciopero nazionale per il 6 febbraio. In Francia, dopo aver ottenuto importanti concessioni dal governo, oltre a restrizioni sulle catene di distribuzione e alla “pausa” del piano Ecophyto sui pesticidi, le principali organizzazioni hanno annullato le proteste, ma la situazione potrebbe cambiare molto rapidamente.
È molto importante che gli agricoltori di tutto il mondo stiano iniziando a parlare anche degli interessi di altri settori dell’economia, in particolare delle PMI, e a prendere di mira i grandi cartelli che si nascondono dietro Bruxelles, chiedendo di porre fine al loro controllo sui prezzi dei prodotti agricoli. Ciò che va sottolineato è che il Green Deal dell’UE è in realtà una strategia per arricchire i grandi cartelli e i latifondisti, a spese delle famiglie di agricoltori e dei consumatori.
Nonostante la protesta si stia allargando, il complesso finanziario/latifondista Green non si arrende alla sconfitta del Green Deal. Cinquanta aziende leader appartenenti alla tedesca Stiftung Klimawirtschaft (Fondazione Economia del Clima) hanno pubblicato il 27 gennaio una lettera aperta in cui esortano il governo tedesco a non abbandonare l’agenda del Green Deal, ma a garantirne l’attuazione per gli anni a venire, indipendentemente dalle proteste degli agricoltori. Tra i firmatari della lettera aperta figurano: Thyssen-Krupp, Salzgitter Steel, Aurubis (rame), Strabag (costruzioni stradali), Bilfinger (costruzioni), IKEA, Miele (tecnologie per la casa), E.on e enBW (aziende leader nel settore dei servizi pubblici), Aeroporto di Francoforte, Hermes (logistica), BNP Paribas, Union Investment, Triodos Bank: https://klimawirtschaft.org/.
La direttrice dell’FMI Christina Georgieva si è unita a questa richiesta, mettendo in guardia i governi e la Commissione dal fare concessioni agli agricoltori di cui prima o poi si sarebbero “pentiti”. Il Royal Institute of International Affairs britannico (Chatham House) ha consigliato ai governi di cooptare il fermento degli agricoltori conducendo un dialogo con loro, ma non sui fondamenti del Green Deal. I cartelli alimentari e gli interessi bancari che stanno dietro a questa agenda hanno buone ragioni per temere la perdita del loro progetto di “sostenibilità” da migliaia di miliardi di dollari.