di Aureliano Ferri

Il giorno 8 Maggio scorso ad Ascoli la locale sezione del PD ha organizzato una conferenza dal titolo accattivante: “Uscire dall’euro?”. Relatori sono stati i professori universitari Gianluca Gregori e Piero Alessandrini, dell’Università di Ancona.

È stato chiaro fin da subito come la domanda costituente il titolo dell’incontro fosse retorica e per i due docenti la risposta fosse ovviamente “no, non si deve uscire”. Da notare che nella presentazione il moderatore, presidente dei giovani del PD ascolano, ha voluto sottolineare come quell’incontro fosse stato organizzato in risposta alle conferenze tenutesi nel capoluogo Piceno nel 2014 con Alberto Bagnai (organizzata dall’Associazione Piceno Tecnologie) e Paolo Barnard (dalla ME-MMT provinciale), entrambe ovviamente di segno diametralmente opposto.

Il prof.Alessandrini, nel premettere che l’architettura dell’euro presenta “dei problemi”, ha detto che avrebbe esposto degli argomenti scientifici che avrebbero smontato le tesi degli “euroscettici”. Al contrario, purtroppo, ai presenti è stata inflitta la solita minestra riscaldata di luoghi comuni, condita con qualche grafico e sagace battuta nel tentativo di renderla più sapida. Non è mancato qualche compiaciuto riferimento ai “Porci” (i paesi cosiddetti PIIGS, tra cui l’Italia) e l’immancabile tirata sul debito che causerebbe la crisi di fiducia, quindi il rialzo dello spread ecc. ecc.. Tutto questo, salvo poi ammettere che paesi come Stati Uniti (nella prima metà del ‘900) e Giappone a tutt’oggi, hanno avuto o hanno rapporti debito/PIL molto più alti del nostro, senza che esista, ad esempio, una crisi dei bond Giapponesi e nessun Mario Monti chieda sacrifici al popolo del Sol Levante in nome del rigore di bilancio. Il motivo del diverso comportamento dei mercati non è stato esplicitato

Alessandrini ha stigmatizzato con onestà come il quantitative easing di Draghi non abbia portato alcun beneficio all’economia reale, in quanto questa liquidità è rimasta nel circuito bancario o addirittura depositata di nuovo presso la BCE. Chi sperava in un “j’accuse” del sistema è rimasto però deluso, in quanto l’affermato docente si è detto fiducioso che l’iniezione di liquidità di operata da Draghi starebbe per portare presto (non si sa quando) i suoi benefici, che non siano quelli di togliere le castagne dal fuoco alle banche rimaste col cerino della speculazione in mano.

Gli altri argomenti portati dal prof. Alessandrini a suffragio della sua tesi sono stati gli stessi che quotidianamente si possono ascoltare su qualsiasi canale informativo mainstream: niente di nuovo sotto il sole, dunque, e chi aspettava qualche succoso nuovo argomento da utilizzare polemicamente contro i fautori dell’uscita dalla moneta unica è rimasto a bocca asciutta.

Il Prof. Gregori ha poi “affrontato” il tema dal punto di vista microeconomico delle imprese italiane, marchigiane e picene in particolare. Pur ammettendo che il sistema industriale italiano era leader nel mondo negli anni ’60-’70-’80, e stigmatizzando l’uso che spesso la propaganda politica fa di dati “drogati” da fenomeni contingenti, il micro-economista ha sottolineato le criticità attuali dando la colpa del crollo della produzione e delle esportazioni (il focus in queste sedi è sempre sulle esportazioni e mai sul mercato interno, l’occupazione ecc.) alla mancanza di innovazione, soprattutto nel campo della comunicazione internet e del marketing sui social network (ebbene sì, ha detto proprio così): Gregori non pervenuto.

Nella fase del dibattito i due docenti hanno dovuto inevitabilmente sostenere il fuoco incrociato di domande da parte di alcuni presenti, per nulla soddisfatti dalle accademiche argomentazioni esposte.
Per prima cosa un esponente di MoviSol ha contestato il solito assioma debito = spread = crisi, dimostrando, cifre alla mano, che allo scoppio dalla crisi, a parte l’Italia, gli altri paesi “PIIGS” avevano tutti un rapporto debito/PIL molto basso (in Spagna addirittura al 35%) e che dopo l’applicazione delle ricette della BCE, tale rapporto si è addirittura alzato, mentre lo spread scendeva.

Alessandrini, vedendo così demolito uno dei pilastri della sua stessa presentazione, ha dovuto ammettere che infatti il problema non è il debito: il professore a quel punto ha individuato le cause della crisi nelle “aspettative di crescita percepite dai mercati”.

Alla domanda dell’esponente MoviSol se la separazione bancaria possa essere un toccasana per tarpare le ali alla speculazione finanziaria e risolvere contemporaneamente il problema della mancanza di credito all’economia reale, semplicemente non c’è stata risposta.

Agli appunti sollevati dal giornalista Paolo Flammini, esponente della ME-MMT picena, sulla capacità di investimento che si recupererebbe con la sovranità monetaria e il conseguente aumento degli investimenti pubblici, volano di occupazione, il Prof. Alessandrini ha tentato di controbattere agitando lo spettro dell’inflazione (mentre poco prima aveva ammesso che la deflazione in cui siamo precipitati in Italia era un male persino peggiore – come stigmatizzato puntualmente da un terzo partecipante) per poi arretrare e dire: “Vogliamo buttare via tutto? Va bene, io l’euro mica me lo sono sposato”. Non male per un evento che programmaticamente si proponeva di smontare le tesi sull’uscita dalla moneta unica…

Il canuto docente è poi tornato all’attacco sostenendo che la capacità di spesa data dalla sovranità monetaria è “un’arma troppo potente in mano ai politici”. Al ché Flammini gli ha fatto pacatamente notare che ciò contraddice in pieno il dettato della nostra Costituzione antifascista.

A questo argomento ci si sarebbe aspettati che l’uditorio di un evento del PD avesse qualche sussulto, ma dopo le domande dei tre “contestatori” non ci sono stati altri interventi.

Va segnalato che Alessandrini al termine dell’incontro si è timidamente detto a favore della separazione bancaria.