Chi ci segue da anni sa che Movisol, per prima in Italia, nel 1992 denunciò l’operazione che certi salotti nazionali ed internazionali stavano portando avanti per favorire un processo di saccheggio dell’economia produttiva italiana. La nostra denuncia sul caso del Britannia fu ripresa nelle aule del Parlamento italiano e della cosa arrivò a parlarne anche, pubblicamente, Francesco Cossiga. Sul fronte mediatico, esponente massimo di questi salotti, è sempre stato il Corriere della Sera. Se consideriamo che nel 1991 l’Italia arrivò ad occupare la quarta posizione al mondo tra le economie più produttive, ed oggi occupa invece l’ottava posizione, ecco che noi avevamo ragione, mentre il processo messo in moto da questi salotti è stato più dannoso delle due guerre mondiali, sia per quanto concerne i dati di finanza pubblica, sia per quanto concerne l’economia reale: produttività, occupazione, capacità d’acquisto della popolazione, distribuzione del reddito.

Da questo processo che ha portato al trasferimento, verso precisi interessi finanziari prevalentemente stranieri, sia di asset economici strategici prima controllati dallo Stato, – grazie all’incessante mantra delle “salvifiche” privatizzazioni -, sia di interi settori economici prima parcellizzati tra la classe media – si pensi, su tutte, alla famosa liberalizzazione del commercio degli anni ’90, che ha portato alla distruzione del piccolo commercio e dell’artigianato, oggi sostituito da catene commerciali che lo controllano per oltre l’80%, dopo aver opportunamente preparato la popolazione con vere e proprie campagne di stampa di criminalizzazione dei commercianti -, sono rimasti fuori alcuni settori a prevalente interesse pubblico (in quanto concernenti il diritto di movimento, o quello alla salute, o quello all’informazione). Tra questi, vi è il settore taxi, su cui oramai da circa un decennio i circoli liberisti hanno puntato gli occhi. Oggi, il settore taxi italiano è uno dei più innovativi e qualitativi al mondo, grazie al fatto che sono a monte impediti processi di sfruttamento del lavoro: ogni tassista è titolare di una sola licenza e di una sola auto e grazie all’istituto cooperativistico promosso dalla nostra Costituzione, il settore fa economia di scala. Ciò, negli anni, gli ha consentito di sviluppare infrastrutture di rilevanza pubblica, ma che non hanno alcun costo per la contribuzione generale, come: radiotaxi, applicazioni di chiamata, ecc. Non è un caso che sistemi di mero dispacciamento delle corse come Uber, abbiano attecchito in modo particolare in quelle città dove un’organizzazione del settore incentrata sulla possibilità per i grandi gruppi, di fare incetta di licenze e di sfruttare dunque gli autisti, in molti casi non abbia portato neanche allo sviluppo delle centrali radiotaxi, che da noi in Italia esistono da circa cinquant’anni.

Questa lunga premessa per spiegare perché nelle ultime settimane abbiamo dato ripetuta visibilità a questo settore, dopo che, invero, era un po’ di tempo che non vi tornavamo sopra.

Abbiamo rilevato infatti come da qualche mese, una buona parte della stampa italiana, ed in particolare il Corriere della Sera, stia dando una atipica visibilità ai reclami che gli pervengono tramite lettera, senza però mai concedere diritto di replica alle rappresentanze taxi. Ma adesso, la cosa, ha assunto toni a dir poco grotteschi. Infatti, negli ultimi giorni si è dato grande risalto alla ridicola associazione fatta da ambienti di estrema destra – subito cavalcata da alcuni media nazionali – tra tassisti, pugili e ultras. Da tal genere di, ovviamente, negativizzante associazione, le rappresentanze taxi hanno preso le distanze ma senza trovare alcuno spazio sui giornali. E’ dell’altro giorno invece un editoriale sul Corriere della Sera che fa una tanto illogica quanto vergognosa associazione tra un presunto taxi non trovato – cosa fra l’altro non ancora verificata dalle autorità, e che le rappresentanze di settore ritengono non veritiera – ed un presunto stupro (anche questo elemento non è stato ancora accertato nella sua veridicità) di due ragazze americane, per sostenere la necessità di aprire il settore taxi italiano alla nota multinazionale americana Uber, che il nostro movimento combatte a livello mondiale per i processi di sfruttamento del lavoro e di abbassamento della sicurezza e delle tutele degli utenti. Nel fare ciò, il Corriere della Sera pare dare la colpa a due sindacalisti fiorentini, sbattuti con tanto di nome e cognome sulle pagine nazionali, rei di essersi permessi di aver combattuto Uber, riuscendo a far applicare la legge. La cosa è talmente grottesca da risultare incredibile. Purtroppo, anche per tale caso, le rappresentanze hanno provato a rispondere, ma il Corriere non si è minimamente degnato di dare spazio alla loro replica.

Essendo evidente che il Corriere della Sera non stia facendo altro che portare avanti lo schema che dal 1992 ha messo il Paese con i ginocchi a terra, di modo da consentire che Uber ed altre multinazionali appena affacciatesi su questo mercato, possano fagocitare anche questo settore, diamo noi pubblico spazio alla lettera che Claudio Giudici, amico storico di Movisol, ed il suo collega Roberto Cassigoli, hanno rimesso all’attenzione della “distratta” stampa italiana.

GIUDICI-CASSIGOLI (TAXI) RISPONDONO A CORSERA: SUL PRESUNTO STUPRO DI FIRENZE NESSUN PROBLEMA TAXI MA SCIACALLAGGIO VERGOGNOSO PER FAVORIRE UBER

Il doveroso rispetto per il profondo dolore che una donna vittima di una violenza possa provare, nonché quello per il corpo dell’Arma dei Carabinieri, il cui nome è tenuto alto dai tanti seri professionisti che quotidianamente, a rischio della propria vita, prestano servizio per la nostra comunità, ci ha fino ad oggi suggerito di dover tacere sul caso del presunto stupro di Firenze, essendoci delle indagini ancora in corso e una verità ancora da ricostruire. Ma questo, i primi a ricordarlo dovrebbero essere proprio i giornalisti. Abbiamo taciuto, nonostante fin dalle prime ore si sia cercata una vergognosa connessione tra presunta assenza di taxi e presunto stupro. Però, la campagna che invero da un po’ di tempo il Corriere della Sera sta facendo contro gli operatori del settore taxi per favorire l’ingresso in Italia della multinazionale americana Uber, con l’articolo di ieri del vicedirettore Federico Fubini, ci obbliga a dover dire la nostra.

Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, quindi, la prima cosa da precisare, premettendo che non pare certo se la telefonata per il taxi sia davvero stata fatta e da chi, è che, da conoscitori del settore, a noi risulta ovvia una cosa: quella sera non vi è stato alcun problema nel reperimento di un taxi. Appena la giustizia avrà accertato questo elemento, il Corriere dedicherà, parimenti, quattro colonne di scuse ai tassisti fiorentini e italiani per la gratuita invettiva a cui ha dato spazio?

Se questa penosa connessione tra un presunto taxi assente ed un presunto stupro, non fosse un forzato sciacallaggio, allora, ogni qualvolta si fosse in attesa di un taxi, e durante la stessa capitasse il benché minimo disguido, la colpa sarebbe del taxi? E perché non dei bus, del car sharing o del bike sharing?

Ma più in generale, secondo noi, il Corriere ed alcuni altri giornali, da lungo tempo, non starebbero facendo altro che quello che l’economista Federico Caffè, nel settembre ’72, così magistralmente descrisse: “…l’accentuazione in senso pessimistico di una situazione che ovviamente non sia brillante ma nemmeno catastrofica, può essere una strategia efficace per modificare l’esistente ordine delle cose, allorché si faccia avanti un nuovo pretendente che reclama una fetta di potere”. Questo nuovo pretendente è ovviamente la multinazionale americana Uber, ma anche altre multinazionali straniere a cui certa stampa prepara quel terreno d’ingresso a cui noi ci opponiamo a tutela di un settore dove è il lavoro l’elemento caratterizzante, e dove dunque non devono essere consentite né pratiche speculative di sfruttamento dello stesso, né pratiche di sopruso (si pensi alla moltiplicazione dei prezzi che Uber pratica nei casi di alta domanda) nei confronti dell’utenza. Ma il Corriere tutto questo non lo dice, e soprattutto, non dice ai propri lettori altre due cose: la prima, che la partecipazione del colosso finanziario BlackRock sia in Uber che in Intesa Sanpaolo, azionista a sua volta di Rcs, configura per il Corriere un manifesto conflitto d’interessi; la seconda, che per uno stupro che è ancora da accertare, il suo vicedirettore Fubini sta proponendo, come soluzione, una multinazionale soggetta ad una serie di indagini per svariate ipotesi di reato, tra cui la violazione della privacy e le ripetute accuse di stupro gravanti sui suoi driver (secondo The Indipendent, 32 in un solo anno a Londra), proprio perché ha un modello di business che per poter offrire bassi costi, sacrifica inevitabilmente la sicurezza degli utenti ed i diritti sul lavoro.

Ecco come si vorrebbe in realtà dare ordine al caos…

Claudio Giudici (Presidente Nazionale Uritaxi)

Roberto Cassigoli (per il Direttivo Nazionale Unica Taxi Cgil)