Ogni anno lo Schiller Institute festeggia l’anniversario della nascita del “poeta della libertà”, nato il 10 novembre 1759 a Marbach am Neckar, nell’attuale stato federale tedesco del Baden-Württemberg. “La più bella di tutte le opere d’arte è la costruzione della vera libertà politica”, scrisse Friedrich Schiller, impegnato ad emancipare l’umanità dai residui del mondo feudale, come avrebbe fatto più tardi in musica Ludwig van Beethoven, ricorrendo direttamente a opere del poeta e drammaturgo, quali il famoso Inno alla Gioia. Nello spirito di Schiller, e ben lontani dal ritenere l’arte un discorso accademico, come dimostra il seguente discorso commemorativo tenuto quest’anno da Helga Zepp-LaRouche, i membri dello Schiller Institute lavorano affinché la bellezza torni a pervadere le nostre società in crisi e decadenza, e, come sublime strumento, risollevi il morale dei nostri simili, ispirandoli alla grande e gioiosa responsabilità di ricostruire il pianeta sulla base dell’unione dell’agape e della ragione, della sete di giustizia e del diritto allo sviluppo economico.

Se la recente campagna è per la costruzione di nuovo paradigma per la civiltà umana, veicolata dallo studio dal titolo “La Nuova Via della Seta diventa Ponte Terrestre Mondiale”, la cui traduzione in lingua cinese è stata presentata a Pechino poche settimane fa, campagne più specifiche furono condotte in passato dallo Schiller Institute, come quella di rilancio dell’accordatura musicale scientifica difesa da Giuseppe Verdi, oppure quella per la riscoperta del plurimo ruolo assunto da Sant’Agostino dal suo tempo ai giorni nostri.

Vorrei parlarvi dell’opera di Friedrich Schiller, che la maggior parte di voi probabilmente conosce, ma che penso sia di grande rilevanza nel nostro presente; in particolare di quanto Schiller elaborò nelle Lettere sull’Educazione Estetica dell’Uomo. Come sapete, egli scrisse quelle lettere nel contesto del fallimento della Rivoluzione Francese; chiese, infatti, “perché accade che un grande momento storico incontra un sì piccolo popolo?”; e giunse alla conclusione che la possibilità di cambiamento vi fosse, ma che ne mancasse la condizione soggettiva, la condizione morale.

Ora penso che, se ciò fu vero all’epoca di Schiller, a maggior ragione è vero oggi, e non soltanto per l’Europa, ma anche per gli Stati Uniti d’America. Due giorni fa, il New York Times ha pubblicato un articolo sconvolgente, su uno studio dell’aumento della mortalità degli americani: per i bianchi di mezza età, tra i 40 e i 50 anni, essa è aumentata del 10 percento, per i poveri del 22 percento.

Ora, la fascia d’età tra i 40 ed i 50 non è quella in cui si dovrebbe morire; si tratta degli anni migliori! Che cosa sta accadendo, allora? La causa di queste morti sta nella tossicodipendenza, nell’abuso di farmaci, di alcool, e nei suicidi. Ora, se esaminate le circostanze altrove negli Stati Uniti, trovate un rapido decadimento delle condizioni di vita della gran parte del popolo americano; la gente deve lavorare per più ore, rinunciando ad ogni svago o riposo. Le guerre permanenti in cui gli Stati Uniti sono stati trascinati dai tempi dell’amministrazione di Bush [padre], quindi delle due di Bush Jr. e, ora, di Obama, hanno fatto sì che molte famiglie sono a pezzi; i padri sono stati più volte in Iraq, in Afghanistan, ecc., portando in sé, al ritorno, sindromi e disturbi post-traumatici. In molte occasioni, le famiglie non riescono a sopravvivere a queste prove.

Il 60 percento della gente che vive nella sola New York è impegnata nelle file davanti ai centri di assistenza per i poveri o è in condizioni peggiori: il 60 percento! I CDC, i Centers for Desease Control and Prevention, riferiscono che è in corso un’epidemia di droga, negli Stati Uniti: su ogni dieci abitanti di Baltimora, per esempio, uno assume eroina.

La politica dei prestiti a zero interessi sta spazzando via i risparmi di molti risparmiatori, che speravano di mettere da parte per la pensione. V’è poi la violenza della polizia, dovuta al fatto che essa è stata militarizzata. V’è la violenza dei neri contro i neri, quella delle sparatorie nelle scuole; il tasso di omicidi aumenta continuamente. V’è infine la barbarie degli assassinii compiuti tramite i droni, condotta dagli Stati Uniti all’estero.

Cò significa che gli Stati Uniti sono davvero entrati in una Nuova Epoca Buia; nessuno può negarlo. Come possiamo cambiare la prospettiva?

Come possiamo cambiare in meglio questo incubo? Ciò che Schiller sviluppò nelle Lettere Estetiche indica il metodo per salvare, oggi, la gente da questa situazione, proprio come era al suo tempo. Disse: ove trovare le risorse? Da dove dovrebbe provenire il cambiamento? Non può venire dallo Stato, poiché è lo Stato stesso ad essere la causa di questo male nella sua forma presente; e lo Stato dovrebbe essere prima rifondato, sulla base di princìpi più nobili, se dallo Stato ci si attendesse il cambiamento della situazione.

“La ragione in sé”, disse Schiller, “sceglierà i combattenti più nobili, e li fornirà o la fornirà delle armi divine”. Quindi aggiunse: come è possibile che in questi tempi moderni, con tutte le conoscenze e tutta la tecnologia [disponibili], siamo ancora dei barbari? Vi deve essere qualcosa nella mente della gente, nel carattere degli esseri umani, che impedisce la ricezione diretta della verità. “Sapere aude“, concluse dunque il poeta; “abbiate il coraggio di essere saggi”, e menzionò l’antico mito della dea della saggezza scesa in Terra, armata di tutto punto, il cui primo atto fu tipico di un guerriero.

Ora, la maggior parte della gente è talmente gravata dei bisogni della propria sopravvivenza, che non vuole e non può caricarsi di un altro peso, quello di pensare. Perciò tende ad assumere in sé l’opinione di qualche gruppo di appartenenza, il gruppo parrocchiale, il club, i compagni di classe, i media, ecc. Per avere la saggezza, per amare la saggezza, occorre essere già saggi; occorre averla, per apprezzarla.

Così, la questione diventa: come si può trovare una via di accesso alla mente? Schiller rispose: “Attraverso il cuore”. Così giunse alla conclusione che lo sviluppo di ciò che in tedesco si definisce Empfindungsvermögen, la “capacità di provare sentimenti”, oggi diremmo di provare empatia, ovvero l’abilità di intonare emozioni ed intelletto per assorbire il mondo e migliorarlo -, che tale sviluppo è il compito più importante in assoluto del nostro tempo.

Disse: “Ogni miglioramento nel dominio della politica, dunque, può soltanto essere pensato attraverso la nobilitazione del carattere dell’individuo. Ma come può accadere, quando lo Stato è in tali condizioni di barbarie?” Ecco la risposta, sorprendente per alcuni, del poeta: “Può accadere soltanto attraverso il bello artistico”. L’arte e la scienza classiche, infatti, sono le uniche due aree che risultano immuni all’arbitrio del despota.

“Il despota, il tiranno, può bandire l’arte, ma non può dettarle legge. L’artista può essere figlio del suo tempo, ma non dovrebbe esserne il prodotto. L’artista deve ispirarsi agli ideali di un periodo migliore, più nobile. Ma, come l’artista può proteggere sé stesso dalle influenze del suo tempo? Disprezzando il suo giudizio”.

“Egli deve assumere i supremi ideali, ma non gli imperativi di fondo; e non presentarli come imperativi di fondo, ma presentarli in un modo giocoso”. Aggiunse: “l’unica maniera di poter eliminare la rozzezza dal comportamento, è di toglierla dal tempo dello svago e dal tempo dell’intrattenimento. Lentamente, la rozzezza verrà bandita anche dalle convinzioni. La rozzezza sarà superata dalla bellezza nell’arte. Ma deve esservi una nozione di bellezza che non sia derivata dall’esperienza, poiché la bellezza deve essere definita come una nozione della Ragione attraverso l’astrazione della Ragione. Si deve giungere alla conclusione che affinché l’Uomo sia degno della dignità dell’umanità, allora la bellezza deve essere vista come una condizione necessaria assoluta dell’umanità. La bellezza nell’arte appartiene sia al dominio della Ragione, così definita, sia al mondo dei sensi, poiché riconcilia entrambi. Nobilita i nostri sensi, e li sviluppa fino al livello della Ragione al punto che non vi è più contraddizione”.

Nell’introduzione a La sposa di Messina, un dramma teatrale di Schiller, egli dice che l’esperienza della grande arte evoca nella mente del pubblico una potenza, una potenza che lo rende davvero libero e non per un momento passeggero. Lo dota di una libertà interna, una potenza che non svanisce dopo lo spettacolo, poiché essa libera le caratteristiche divine nell’essere umano, quella direzionalità interna, quella autonomia, quella abilità di pensare e di essere creativi per sé, senza il pensiero di gruppo.

Se gli Stati Uniti saranno salvati dalla presente condizione di barbarie, sarà grazie a un movimento per un Rinascimento, capace di ispirare il popolo attraverso la bellezza della grande arte, che ciò si può ottenere. Come disse Schiller: “La verità e la bellezza, saranno ricevute dalle anime più nobili nella società, e da allora, diffuse in raggi più tenui attraverso l’intero popolo”.

Quindi, “osate essere saggi”, e unitevi al nostro movimento.

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