Due anni dopo il golpe contro l’allora presidente eletto Victor Janukovič, che fuggì mentre bande armate neonaziste ne assediavano l’ufficio, e un anno dopo gli accordi di Minsk 2, in Ucraina la violenza potrebbe esplodere nuovamente da un momento all’altro.

Il disimpegno di forze previsto dagli accordi è avvenuto, ma non è stato seguito dal riconoscimento dello stato autonomo del Donbass e il conseguente ritorno del controllo sul confine tra Russia e Donbass all’Ucraina.

Il 22 febbraio il ministro degli Esteri francese Jean-Marc Ayrault e quello tedesco Frank-Walter Steinmeier si sono recati a Kiev come prima iniziativa congiunta, per esercitare pressioni sul governo affinché attui gli accordi di Minsk, in particolare indicendo nuove elezioni nel Donbass e combattendo la corruzione che è altissima in Ucraina.

Tuttavia, per via del caos interno, Porošenko non riuscirebbe a ottenere l’approvazione del Parlamento per i cambiamenti costituzionali richiesti per l’autonomia del Donbass, anche se volesse.

Il 3 febbraio il banchiere lituano Aivaras Abromavičius, importato da Porošenko nel dicembre 2014 come ministro dell’Economia, si è dimesso improvvisamente, lamentando la corruzione nell’entourage del Presidente. Il Fondo Monetario Internazionale ha ammonito che potrebbe trattenere i fondi che aveva promesso per stabilizzare l’Ucraina.

Subito dopo Porošenko ha chiesto le dimissioni del Primo Ministro Jacenjuk, l’infame “Yats” che era stato scelto nel gennaio 2014 dal sottosegretario di Stato USA Victoria Nuland. Il 16 febbraio il Parlamento ha censurato il governo Yats ma pochi minuti dopo non è riuscito ad approvare un voto di sfiducia. L’improvvisa uscita dall’aula, prima del secondo voto, di decine di parlamentari ha dato il via a voci di mercato delle vacche dietro le quinte. Yats resta quindi primo ministro, ma due partiti hanno lasciato la maggioranza il giorno dopo. O forma una nuova coalizione o verranno indette elezioni anticipate.

La questione centrale in Ucraina, tuttavia, non sono i giochi parlamentari. È l’ingovernabilità e il crollo economico. In un paese con la più alta inflazione in Europa (30% nel 2014, 45% nel 2015), la gente in tutto il paese si affanna per sopravvivere con salari che sono appena sufficienti a pagare le bollette del riscaldamento. L’accordo di libero scambio con l’UE, per il quale fu attuato il golpe di piazza [Maidan] Nezalezhnosti, non ha portato al promesso boom dell’economia ucraina, al contrario.

Inoltre le milizie neonaziste di Pravij Sektor ed altri gruppi paramilitari anti-russi continuano a inscenare impunemente provocazioni. Quanto alla democrazia tanto invocata dall’UE, il Partito Comunista, che aveva il 13.18% dei voti e 32 seggi al Parlamento nel 2012, è stato bandito l’anno scorso e non potrà presentare candidati. Il 4 febbraio la dott.ssa Natalia Vitrenko, leader del Partito Socialista Progressista d’Ucraina e copresidente del blocco di opposizione della sinistra, e altri 18 esponenti della sinistra hanno lanciato un appello all’ONU e agli esponenti per i diritti umani dell’UE protestando per la soppressione dei diritti e delle libertà fondamentali in Ucraina.