di Liliana Gorini, presidente di MoviSol

Il crollo del ponte Morandi a Genova, con decine di morti e feriti (al momento in cui scriviamo i soccorritori hanno recuperato 39 salme, tra cui 3 bambini, ci sono ancora feriti gravi in ospedale e sono 632 gli sfollati per il timore di altri cedimenti) solleva interrogativi urgenti a cui le famiglie delle vittime e i genovesi, a cui va il nostro cordoglio e la nostra solidarietà, hanno diritto di avere risposta.

Al di là dei problemi strutturali dei ponti di Morandi, su cui dovrà far chiarezza l’inchiesta, non è il primo crollo di un cavalcavia negli ultimi anni. Dal 2013 ad oggi sono crollati dieci ponti. Secondo una stima del CNR, che chiede un piano Marshall per le infrastrutture stradali, “in Italia ci sono migliaia di ponti troppo vecchi, oltre la durata di vita per cui erano progettati”. Calcestruzzo e acciaio invecchiano con gli anni, e per la manutenzione si è speso cinque volte meno del dovuto. Dunque una tragedia annunciata, anche se i Comitati No Gronda, uno dei tanti comitati che si oppongono alle grandi opere, sostenevano che avrebbe retto altri 100 anni e si sono opposti alla opportuna costruzione di una nuova bretella autostradale, facendo eco alle irresponsabili assicurazioni di Atlantia, la società controllata da Benetton, che va messa sotto inchiesta per non aver investito gli utili nella manutenzione.

Dal 1999, quando sono state privatizzate le autostrade, sono iniziati i tagli draconiani alla spesa per la manutenzione, ed è stata adottata la politica di austerità, imposta dall’UE, che ha impedito la costruzione di nuove infrastrutture, stradali, ferroviarie, ospedaliere. Nel nome del “patto di stabilità” sono state fermate le grandi opere, è stata impedita la messa in sicurezza delle nostre scuole, non sono stati autorizzati investimenti nelle aree terremotate o colpite da alluvioni. Per i burocrati UE l’unica priorità sono i salvataggi bancari, le vite umane perse negli anni in questa folle politica di sostegno alla finanza speculativa non hanno nessuna importanza per loro.

Ne hanno per noi, e ne dovrebbero avere per il governo Conte, che ha annunciato ieri un monitoraggio di tutti i ponti a rischio. Urge un piano Marshall per le infrastrutture. L’opposizione del Movimento Cinque Stelle ai grandi progetti infrastrutturali deve cessare, di fronte all’emergenza, e vanno stanziati con urgenza fondi non solo per il monitoraggio, ma anche per la manutenzione delle nostre autostrade e cavalcavia, e per la costruzione di viadotti moderni, costruiti con la tecnologia più avanzata e con criteri anti sismici. I responsabili del crollo del ponte Morandi dovranno pagare.

Basta con i “no” alle grandi opere, l’unico “no” che dovrebbe venire dal governo del cambiamento è un no deciso alla politica di austerità che uccide i cittadini. Le grandi opere, a partire dal nuovo ponte sulla A10 a Genova, che colleghi nuovamente Levante e Ponente, dovranno diventare una priorità, e la Commissione UE dovrà accettarlo e tacere. Se chiederà da dove verranno i fondi per questi investimenti, occorrerà rispondere che verranno dall’attuazione della separazione bancaria, che è nel contratto di governo e toglie ogni garanzia dello Stato agli speculatori. Lo Stato cessi di finanziare gli speculatori in derivati, responsabili anche dell’attacco ai nostri titoli di stato, e finanzi invece grandi progetti infrastrutturale per il bene comune, liberando risorse per l’economia reale.

Solo così sarà possibile rendere giustizia alle vittime di questa tragedia annunciata, e impedirne altre.