Su una cosa i partiti italiani sono d’accordo, quando si ritocca la legge elettorale: la conservazione della soglia di sbarramento che continua a impedire a nuovi soggetti politici di poter essere rappresentati al Parlamento. A chi volesse comunque provare resta pertanto la sola opzione, quella del populismo, che possa far sperare di ottenere un qualche risultato elettorale.

Parlare di ingiusto sbarramento e di “nuovi soggetti”, naturalmente, suona come un’utopia in un sistema politico e morale che, da una parte, è come una brughiera disseminata di rovine di un passato difficile a credersi e, dall’altra, oltre a conservarne la debolezza dell’esecutivo, è arrivato ad essere retto da un Parlamento eletto in modo illegittimo e da un Primo Ministro non eletto.

La “privatizzazione” della vita politica, coronata dall’abolizione dei finanziamenti pubblici ai partiti, è dunque garanzia di impedimento dell’espressione più alta che la cultura nazionale potrebbe esprimere.

Traduciamo per i nostri lettori una dichiarazione di Solidarité et Progrès, con la quale si analizza nel dettaglio un processo analogo a quello in corso in casa nostra. Il caso del candidato presidenziale Jacques Cheminade è emblematico. Nonostante le regole pensate per impedire a forze numericamente piccole come il suo partito, fu necessaria un’offensiva accessoria al sistema politico ossessionato dal potere, ma indulgente nei confronti della sua propria incompetenza. Il caso di Cheminade è una cartina al tornasole per rivelare le vere intenzioni dietro alle riforme elettorali in questo Occidente in crisi nera.

Proporzionalmente al calo di elettori, il partito socialista francese, si sforza di blindare le presidenziali escludendo i partiti da esso ritenuti piccoli. Così, Jean-Jacques Urvoas ha presentato una proposta di legge con la finalità di alterare la pubblicità dei sostegni finanziarii, di estendere la nozione di equità a danno di quella di uguaglianza e di ridurre da un anno a sei mesi il periodo di contabilizzazione delle spese elettorali.

Benché abbia “lavorato da solo”, il presidente della Commissione sulle regole dell’Assemblea Nazionale ci dice di essersi sforzato di presentare delle proposte “sulle quali tutti avrebbero potuto essere d’accordo”.

Tristemente per la Francia, “tutti” significa per lui i tre cavalli di ritorno dalle presidenziali del 2012: Nicolas Sarkozy, François Hollande e Marine Le Pen, insieme alle scorte: Jean-Luc Mélenchon e François Bayrou. Siamo all’incesto politico!

Gli elettori, ai quali ci si sforza di turbare le cervella con ragionamenti contorti, come il “bisogna finirla con la persecuzione dei sindaci” [ricordiamo che i candidati presidenziali devono essere sostenuti da un minimo di cinquecento sindaci in carica, NdT], fanno davvero molta fatica a capire che cosa stia accadendo. In realtà è molto semplice, come diretto è lo scopo della retorica di un “padrone” che chiede “riforme” e “razionalizzazione del lavoro”: preparare i licenziamenti.

Spieghiamo dunque le conseguenze della medicina che il buon dottore bretone vorrebbe prescrivere.

Innanzitutto, egli propone la “pubblicità integrale” del nome dei rappresentanti eletti che sostengono il candidato, cosa assai ovvia e normale. Ma c’è un trucco: i sostenitori non vedrebbero i propri nomi pubblicati non “almeno otto giorni prima del primo turno di scrutinio”, ma nel momento in cui il Consiglio Costituzionale ricevesse il loro documento di sostegno del candidato. Ciò significa, per un’elezione come quella del 22 aprile 2012, nel termine di due giorni dopo la pubblicazione del decreto di convocazione degli elettori (il 26 o il 27 febbraio) e al massimo il venerdì 26 marzo alle ore 18:00, data limite del ricevimento da parte del Consiglio Costituzionale. I loro nomi comparirebbero così sugli elenchi resi pubblici almeno trentasette giorni prima dell’elezione. Non s’è detto di voler evitare la persecuzione?

Il Sig. Urvoas prevede di fatto di far ritorcere le cose contro coloro che non fanno parte del club. Poiché un “piccolo” partito ha oggi pochissimi mezzi, ma un partito “grosso” che volesse discreditare i sindaci suoi sostenitori, con la complicità dei media, ne avrebbe l’agio! Il compito gli sarà reso ancor più facile e i sindaci ci penseranno due volte prima di impegnarsi contro i desideri di coloro dai quali spesso dipendono finanziariamente.

Il Sig. Urvoas e i suoi amici prevedono, inoltre, che il sostegno dei sindaci dovrà essere comunicato direttametne da loro, e non dai candidati sostenuti, per via postale. Ci si potrebbe stupire del monopolio riconosciuto alle Poste, che dal 1991 non è più una società pubblica autonoma ma una società per azioni, comprendente una banca. Non oserete mica pensare che sia in corso la privatizzazione della vita pubblica? No. Si tratta di un semplice “ritocco”, vi risponde il Sig. Urvoas, per assicurare l’efficacia e l’equità delle procedure. Nella realtà è come mettere un gendarme in più sul cammino dei piccoli partiti verso il completamento della faticosa raccolta cartacea delle cinquecento firme, cosa assai bizzarra e sragionevole, nell’èra dell’informatica…

Aggiungiamo che se vi è “persecuzione”, e infatti ve n’è, questa è dovuta soprattutto ai grandi partiti piuttosto che ai piccoli, tenuto conto dei loro mezzi in proporzione. Questa persecuzione si ha proprio verso la data di scadenza della raccolta, per la quale gli amici del Sig. Urvoas, seduti sui loro divani elettorali, non hanno mai dovuto preoccuparsi.

V’è qualcosa di peggiore, però, nella proposta di legge di Urvoas. Vuole sostituire il principio di equità alla regola attuale dell’uguaglianza dei tempi di parola concessi ai candidati nel periodo detto “intermedio” dell’elezione presidenziale. Ciò vuol dire che i “piccoli candidati” saranno alla mercè dei media tra le cinque e le due settimane prima dell’elezione. Infatti la campagna propriamente detta non comincia se non a due settimane precedenti la data dell’elezione! I “piccoli” candidati non potranno così godere della stretta uguaglianza dei tempi di parola che durante le due settimane della campagna “ufficiale”, mentre la maggioranza degli elettori hanno già maturato la propria scelta. Ciò significa, ancora, rimpiazzare “libertà, uguaglianza, fratellanza” con “controllo, equità, consorteria”.

Contrariamente agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna, inoltre, i “grandi” candidati possono permettersi di evitare ogni dibattio con i “piccoli”. La casta degli incapaci, quella che ha ficcato il nostro Paese in questo stato di cose, mira così a mantenere il comando.

Meglio ancora, il periodo di contabilizzazione delle spese elettorali per l’elezione presidenziale sarà ridotto da un anno a un semestre, cosa che non disturberà affatto i partiti “grandi”, ma renderà non rimborsabili le spese dai “piccoli” sostenute nei sei mesi precedenti, quelli dei loro sforzi per farsi conoscere meglio… e incontrare i sindaci.

Diciamolo brutalmente: blindare l’elezione presidenziale è lo scopo di questa tattica. Perché? Perché il modello della politica è diventato il privato, ma non il privato delle PMI. Quello delle multinazionali con sedi estere finanziate delle megabanche.

Diciamolo ancor più brutalmente: il trattamento riservato a Jacques Cheminade, il quale si vide rifiutare il rimborso delle spese elettorali del 1995, in condizioni riconosciute a posteriori come scandalose, e sequestrata nel 2013 la somma di 153mila euro avanzata dallo stato nel 1995, dimostra che è Cheminade al centro di questa tattica di emarginazione.

Aggiungiamo un elemento su questi anticipi di denaro. Si tratta di una somma avanzata dallo Stato ai candidati aventi raccolte le cinquecento firme richieste. Essa serve soprattutto ai “piccoli” ed è assolutamente trascurabile per i “grandi”. Nel 1962 ammontava a un milione di franchi. Fino alla legge organica del 18 giugno 1976 erano sufficienti cento firme di sostegno. Con quella legge ne furono richieste cinquecento. Il milione di franchi è diventato 153mila euro, che in termini di potere d’acquisto è pari a circa un terzo della somma in franchi. La decisione del Consiglio Costituzionale del 4 maggio 1990 aveva approvato un “aggiornamento” a 3 milioni di franchi. Il progetto di legge corrispondente fu insabbiato, con il pretesto che si sarebbe permesso ai candidati di arricchirsi! Cosa ovviamente impossibile, tenuto conto del controllo delle ricevute e delle spese. La ragione del blocco a 153mila euro è quindi evidente: un’elemosina ai “piccoli” resta un bene, in sé, ma potrebbe significare la fine di certi impacci per l’oligarchia.

“Siamo alle solite” si potrebbe dire, e che le ingiustizie continuano anche se denunciate. Ma nel 2017 vi sarà uno scacco per la Francia, per l’Europa e per il mondo. Noi cercheremo di scuotere con le nostre idee le penose barriere innalzate. Poiché le nostre idee sono come i migranti: non possono essere arrestate dal filo spinato politico. La scelta è tra la loro accoglienza e integrazionee, e ritrovare così la memoria del nostro Paese, oppure seguire la deriva verso la stato di polizia per un “nuovo capitalismo criminale”, quello dell’impero della moneta, del denaro, che soffoca la Francia.