Due recenti azioni di rappresentanti della BCE sollevano l’interrogativo se non sia già iniziata la transizione da Mario Draghi (nella foto con Ignazio Visco) al suo successore alla guida della banca, che si insedierà ufficialmente nell’ottobre 2019. Costui dovrebbe essere Jens Weidmann, l’attuale capo della Bundesbank, le cui vedute notoriamente divergono da Draghi su molti temi.

Il primo indizio è stato fornito dal vicepresidente della BCE Vitor Constancio, il quale, come abbiamo riferito la scorsa settimana, ha indirettamente contraddetto la linea di Draghi secondo la quale “l’euro è irreversibile”. Constancio è alla fine del mandato e sarà sostituito il 1 giugno dallo spagnolo Luis Guindos, per cui è libero di violare la disciplina della BCE. Ma non è stato smentito dalla BCE. D’altra parte, è noto che una fazione, che comprende Weidmann, è aperta all’uscita negoziata di uno Stato membro dell’Euro.

La seconda azione è stata riferita dal Süddeutsche Zeitung il 6 aprile. La BCE avrebbe chiesto alla Deutsche Bank di simulare uno “scenario di crisi” e calcolare i costi di una “risoluzione” della propria divisione di investment banking.

Deutsche Bank, attualmente gestita in gran parte da Londra, è una delle maggiori banche europee e ha la più grande esposizione in derivati di tutte le altre. La sua divisione di investment banking ha registrato perdite negli ultimi tre anni consecutivi e l’AD John Cryan, un suddito britannico, è in via d’uscita.

Secondo il SZ, è la prima volta che l’autorità di vigilanza della BCE esige una misura del genere da una megabanca. Apparentemente “i regolatori bancari vogliono sapere quale sarebbe l’impatto sul valore degli attivi di Deutsche Bank sul mercato dei capitali e dei derivati se, come banca solvente, dovesse simulare una cessazione improvvisa di quel business”.

Deutsche Bank avrebbe detto ai giornalisti finanziari che la BCE presto esigerà tali test da altre grandi banche europee. Se questo sia vero o no, o se si tratti di una dichiarazione difensiva, è chiaro che la BCE è preoccupata delle nubi che si addensano all’orizzonte. Le banche negli Stati Uniti e in Europa riportano utili e proiettano un quadro roseo, mentre la crescita economica è estremamente bassa. Lo stesso quadro del 2007, prima del crac.

Tuttavia, la politica seguita finora dalla BCE è stata quella di rifinanziare il debito con ulteriore debito, incoraggiando l’espansione del mercato dei derivati e il modello della banca universale. Questo era lo scopo del QE e della cosiddetta Unione del Mercato dei Capitali che Mario Draghi sta tentando di costruire. Rispondendo alle domande dell’EIR in conferenza stampa, l’attuale presidente della banca ha difeso nel passato l’uso dei derivati, anche da parte di amministrazioni pubbliche, e ha prevedibilmente respinto l’idea di separare le banche ordinarie da quelle d’affari – dopotutto è la legge che porta il suo nome e quello di Amato ad aver abolito la separazione in Italia nel 1995, il singolo atto maggiormente responsabile di disastri come quello del Monte dei Paschi di Siena.