Il 27 ottobre il Gen. David Petraeus è intervenuto all’incontro annuale del National Council on US-Arab Relations a Washington, chiedendo un’escalation militare in Siria. Ex direttore della CIA ed ex capo del comando centrale delle Forze Armate USA, Petraeus ha raccomandato che gli Stati Uniti impongano una zona di interdizione aerea, zone sicure per rifugiati e combattenti ribelli, e utilizzino perfino i missili Cruise dal cielo e dal mare per neutralizzare l’aviazione siriana.

Il generale a riposo ha ammesso che un’azione simile avrà un impatto sull’aviazione russa che opera nello stesso spazio siriano, ma ha sostenuto che questo non costituisca un pericolo di guerra, e che il Presidente Putin batterà in ritirata e chiederà una soluzione diplomatica se l’America avrà intrapreso un’azione risoluta. Questa conclusione è smentita da tutti gli esperti seri di intelligence.

Dal canto suo, Hillary Clinton (foto) chiede una politica simile di escalation dell’impegno militare americano in Siria, e la creazione di zone sicure lungo i confini turco e giordano. Finora è stato evitato un grave incidente che potrebbe condurre a una guerra generale solo perché è ancora valido l’accordo tra Russia e Siria, da una parte, e la coalizione guidata dagli Stati Uniti, dall’altra. Ma la Clinton ha ribadito più volte che intende porre fine a questo accordo.

Non dimentichiamo che l’intervento americano in Siria è del tutto illegale, e non gode di un mandato del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, mentre i russi sono stati invitati a intervenire dal governo di Damasco.

Sul terreno in Siria ci si aspetta che nel giro di settimane o mesi tutta la città di Aleppo tornerà sotto il controllo del governo siriano. Come procederà Washington con la sua politica di “cambiamento di regime” viene dibattuto al National Security Council, stando a fonti vicine all’amministrazione Obama.

Nel frattempo l’attenzione degli Stati Uniti si è spostata in Iraq, a Mosul, che è in mano allo Stato Islamico da oltre due anni. Gli specialisti militari prevedono che la battaglia per riconquistarla sarà lunga e sanguinaria, con molte vittime civili. Alcuni analisti temono che i combattenti dell’ISIS lascino Mosul, prima che i combattimenti si intensifichino, e si spostino a Raqqa, la “capitale” siriana del cosiddetto califfato. Tuttavia la via da Mosul a Raqqa è un campo aperto, e una concentrazione di combattenti dell’ISIS che scappassero da Mosul sarebbe un bersaglio facile per attacchi aerei. Se riusciranno a raggiungere Raqqa sarà solo perché le forze della “coalizione” a guida americana le lasceranno passare per rafforzare la posizione dell’ISIS contro le forze russo-siriane.