Con una mossa che ha stupito Wall Street e la City di Londra, l’8 giugno il presidente argentino Alberto Fernández ha annunciato l’intenzione di espropriare il gruppo agroindustriale Vicentins SAIC e di metterlo sotto il controllo dello Stato. L’Argentina, ha detto Fernández, “sta facendo un passo verso la sovranità alimentare”, dato che “in un mondo post-pandemico, il cibo sarà al centro della discussione” (questo, tra l’altro, è anche un tema chiave in Europa, che gli agricoltori qui chiedono di affrontare).

Alberto Fernández ha inoltre spiegato che l’esproprio è una “decisione strategica ed eccezionale”; Vicentins controlla il 13% del mercato dei cereali e opera anche nel settore delle carni bovine, una voce chiave per l’esportazione del Paese.

Davvero strategico. Vicentins dà lavoro a 2.600 persone, acquista soia da almeno duemila piccoli produttori, possiede porti, silos, magazzini e altre importanti infrastrutture, ed è un operatore chiave nel business argentino dell’esportazione di soia, che vale 20 miliardi di dollari all’anno. Ma è stato anche mal gestito e saccheggiato durante la presidenza del presidente neoliberista Mauricio Macri (2015-2019), fino a dichiarare insolvenza su 1,5 miliardi di dollari. Vicentins è anche stato messo sotto inchiesta da parte delle autorità argentine per sospetta evasione fiscale e riciclaggio di denaro. Il motivo per cui il governo ha agito così rapidamente è che la società svizzera Glencore, che possiede il 67% della consociata di Vicentins Renova, ha offerto in aprile di acquistare le rimanenti azioni di Renova per 325 milioni di dollari. Il Coronavirus ha interrotto la trattativa, ma se fosse andata in porto, Vicentins avrebbe cessato di essere il più grande esportatore di soia frantumata.

Non sorprende che le mosse di Fernández abbiano provocato ondate di isteria a Wall Street e Londra, dove gli avvoltoi finanziari stanno già minacciando di dichiarare l’Argentina inadempiente sul debito contratto dal precedente governo. Anche le organizzazioni locali che rappresentano l’oligarchia terriera e i gruppi imprenditoriali affiliati accusano il governo di aver agito illegalmente e di aver spinto il Paese verso il “comunismo”. Fernández sta infatti affrontando la parte più strategica e sensibile dell’economia: i cartelli stranieri che, salvo brevi eccezioni, dominano il settore delle esportazioni da quando il presidente Juan Perón fu rovesciato nel 1955 con un colpo di stato di stampo britannico e l’impresa di stato per l’esportazione e la commercializzazione di prodotti agroalimentari, l’IAPI, fu smantellata. Fernández ha detto di voler tenere la Vicentins “in mani argentine” per evitare che venga inghiottita da interessi stranieri e “sventrata”.

In un’intervista radiofonica, il presidente argentino ha spiegato che l’azienda dovrebbe svolgere un ruolo da calmiere nei mercati del grano, notoriamente non regolamentati, anche per evitare la speculazione dilagante dei commercianti di grano sui mercati valutari, per promuovere la produzione alimentare e per proteggere i lavoratori di Vicentins e i piccoli produttori di soia il cui sostentamento dipende dalla possibilità di vendere all’azienda. Le maestranze di Vicentins e i lavoratori portuali affiliati sostengono con entusiasmo l’esproprio.