Nel numero di maggio, la pubblicazione economica Quartz smonta le tesi miracolistiche degli economisti moderni riguardo all’automazione e al settore IT. L’articolo, firmato da Gwynn Guilford e intitolato “L’errore epico sulle manifatture che è costato milioni di posti di lavoro” discute di produttività, competizione estera e perdita di posti manifatturieri nell’economia americana dagli anni Novanta. La conclusione è: “Si scopre che la storia del declino delle manifatture raccontata da Trump è molto più vicina alla verità di quella sulla storia del progresso tecnologico raccontata a Washington, New York e Cambridge”.

Quasi tutti gli economisti e i media economici – Quartz incluso, ammette l’autore – sostengono che l’America ha oggi molti meno posti di lavoro produttivi di quarant’anni fa a causa dei progressi nell’automazione che hanno aumentato la produttività e dei benefici del libero scambio.

L’economista Lyndon LaRouche (foto) confutò sistematicamente questa tesi, sostenendo che gli Stati Uniti d’America hanno bisogno di mantenere e proteggere un robusto settore manifatturiero. E Donald Trump, durante la campagna elettorale, ha sostenuto che il libero scambio fosse responsabile del declino dell’occupazione industriale negli Stati Uniti.

“Grazie a un’accurata analisi da parte di un pugno di economisti”, scrive Quartz, “è diventato chiaro che i dati alla base della versione dominante – o più precisamente, il modo in cui gli economisti interpretano i dati – sono molto fuori strada. La concorrenza estera, e non l’automazione, sta dietro la drammatica perdita di posti industriali. Ciò significa inoltre che il settore manifatturiero americano è in cattiva forma, molto peggio di quanto si accorgano i media, i politici e persino la maggior parte degli economisti”.

Gli Stati Uniti hanno perso più posti di lavoro manifatturieri tra il 2000 e il 2015 che, in proporzione, nelle spire della Grande Depressione: circa sei milioni ovvero un terzo del totale. La spiegazione che va per la maggiore è che è dovuto all’aumento della produttività trainato dal settore delle tecnologie dell’informazione, da cui proviene presumibilmente l’automazione industriale.

Tuttavia, la squadra di economisti guidati da Susan Housman dell’Upjohn Institute, ha “scoperto” che questo apparente aumento della produttività è il risultato di enormi “aggiustamenti qualitativi” dei dati, applicati selettivamente dagli economisti e dagli enti governativi al settore dell’alta tecnologia e delle tecnologie dell’informazione. Una volta corretti quegli “aggiustamenti qualitativi”, fatti alla scrivania invece che nei capannoni, rimane ben poco degli aumenti di produttività dagli anni Novanta. La perdita dei posti di lavoro è dovuta alla concorrenza estera e al commercio.

Naturalmente, questa “scoperta” era stata fatta e spiegata ripetutamente dall’EIR almeno dal 1984! Vedi comunque qui: https://qz.com/1269172/the-epic-mistake-about-manufacturing-thats-cost-americans-millions-of-jobs/.