Gli estremisti salafiti e wahabiti che compongono l’ossatura delle milizie che hanno preso il controllo del Mali settentrionale sono dispiegati e finanziati da Arabia Saudita e Qatar, con piena conoscenza da parte delle istituzioni occidentali e dei burattinai come Tony Blair.

Nella destabilizzazione del Mali due sono state le tappe decisive: la guerra anglo-franco-americana contro la Libia culminata con l’assassinio di Gheddafi e il colpo di stato militare lo scorso marzo a Bamako. Per indebolire Gheddafi, la coalizione occidentale convinse (comprò) parte delle truppe Tuareg che facevano parte delle forze armate libiche a disertare e a tornare in Mali, dove si unirono alla guerriglia attiva da decenni. Quando Gheddafi fu rovesciato, il resto seguì con gli arsenali.

Nel frattempo gli estremisti di Al Qaeda Nel Maghreb (AQIM) sono diventati la forza dominante tra i ribelli, che ricevettero un aiuto insperato dalle conseguenze del golpe militare lo scorso marzo, al quale la comunità internazionale reagì sospendendo gli aiuti al Mali.

Il leader dei terroristi che hanno attaccato gli impianti della BP nell’Algeria meridionale, Mokhtar Belmokhtar, si unì al GIA islamico in Algeria negli anni novanta. In seguito passò al Gruppo Salafita di Preghiera e Combattimento, che successivamente cambiò il nome in Al Qaeda nel Maghreb (AQIM), per nascondere le radici saudite. Lo scorso dicembre guidò una scissione da AQIM per divergenze con l’emiro, pur sostenendo di condividerne gli obiettivi. Belmokhtar è noto per aver mediato in casi di rapimenti, lucrando sui riscatti pagati, oltre ai traffici di droga, di armi e sigarette da cui si guadagnò il soprannome di “Mr. Marlboro”.

Belmokhtar è intimamente legato alle reti jihadiste in Libia coinvolte nell’assassinio dell’ambasciatore USA Stevens, come risulta persino da documenti nella Library of Congress. Da questi documenti risulta che partecipò ad esercitazioni militari di Wisam Ben Hamid, il vero leader di Al Qaeda in Libia il cui gruppo, “Scudo Libico”, era responsabile della sicurezza della missione USA a Bengasi.