L’effetto combinato della tragedia greca, dei nuovi dati sul Mezzogiorno, della continua crisi dei migranti e dello shock culturale arrecato dall’apertura del Nuovo Canale di Suez ha risvegliato un minimo di orgoglio patriottico in Italia, creando una potenziale dinamica verso il paradigma dei BRICS.

Il raddoppio del Canale di Suez in un solo anno pone al nostro paese la sfida che non si può più eludere: l’ammodernamento della rete delle infrastrutture portuali, stradali, ferroviarie ed energetiche del Mezzogiorno. Il rapporto annuale della Svimez è brutale: l’Italia meridionale rischia la desertificazione industriale e la catastrofe demografica. Il periodo 2001-2014, misurato in PIL, mostra che il Mezzogiorno è calato più della Grecia: -9,4% rispetto all’1,7%. Dall’ingresso nell’Euro, l’economia italiana è declinata dappertutto, ma nel Mezzogiorno il doppio che nelle regioni del Centro-Nord.

Ciò era davanti agli occhi di tutti, ma i decisori politici hanno ciecamente applicato l’austerità dettata dall’UE, con effetti devastanti. Forse ora le cose potrebbero cambiare, spinte dal vento che soffia dall’Egitto e che attesta che cosa possa fare una nazione industrialmente debole se c’è la volontà politica.

Questo spirito è stato riassunto in un articolo della Gazzetta del Sud il 31 luglio, intitolato “Suez, una sfida per la Sicilia e la Calabria”. “La storia”, scrive l’autore, “ci ricorda che il progetto per collegare il Mar Rosso al Mediterraneo, senza circumnavigare l’Africa, è figlio di un italiano d’Austria, l’ingegnere Luigi Negrelli. Il suo sogno diventò realtà il 17 novembre 1869 e l’evento fu celebrato con l’Aida di Giuseppe Verdi, composta per l’occasione. Un trionfo del genio italiano e della volontà del popolo egiziano.”

Oggi “Non c’è più Negrelli, non sarà messa in scena l’Aida, ma l’Italia non può non cogliere il valore di una tale rivoluzione (…) Peccato che la nostra Isola non sia collegata stabilmente col resto dell’Italia e che Gioia Tauro non sia ben servita dalla ferrovia. Occorre correre ai ripari”.

È anche significativa la reazione di uno dei consiglieri di Matteo Salvini, Armando Siri, che in un articolo su affaritaliani.it abbia affermato la centralità della questione meridionale, come si diceva una volta. Siri, responsabile economico di NoiConSalvini, fa riferimento al rapporto Svimez per chiedere una svolta nella politica per il Mezzogiorno, ma è evidente il richiamo implicito alle prospettive aperte dal Nuovo Canale di Suez e dalla politica dei BRICS. “Il generale stato di inadeguatezza delle infrastrutture nel mezzogiorno, sopratutto nel settore delle comunicazioni, dalle strade alle ferrovie, penalizza questa area del nostro Paese che potrebbe al contrario rappresentare un collegamento strategico tra l’Europa e i paesi emergenti del Mediterraneo e del medio oriente”, scrive Siri, che chiede investimenti infrastrutturali e definisce impensabile “ad esempio che nel 2015 la linea ferroviaria ad alta velocità si interrompa a Napoli, o che il ponte sullo stretto di Messina sia un progetto rimasto da decenni solo sulla carta, o che in una delle più importanti regioni d’Italia come la Sicilia non ci sia un’autostrada che colleghi le sue principali città come Catania e Palermo.”

Anche la levata di scudi al Senato contro la riforma costituzionale di Renzi forse non sarebbe stata possibile in un quadro diverso. Certamente il crollo delle illusioni europeiste e la concreta avanzata del progetto BRICS offrono una prospettiva alternativa alla continuazione di un sistema che si può reggere solo con metodi dittatoriali. Questo è proprio il senso delle riforme renziane, che mirano ad abolire di fatto il legislativo e quegli aspetti della costituzione giudicati “socialisti” dai mercati finanziari. Ci auguriamo che i 170 senatori che si sono opposti all’abolizione del Senato come camera elettiva non si pieghino ai ricatti politici e di altra natura.