Il 4 marzo, come di consueto dopo le due settimane del Festival di Primavera, si è aperta la riunione annuale del Congresso Nazionale del Popolo e della Conferenza Politica Consultiva del Popolo Cinese. Lo scorso anno, a causa dell’epidemia di Covid, questa importante manifestazione ha dovuto essere rinviata a maggio e la durata ridotta a sei giorni invece delle solite due settimane. Quest’anno è stata limitata a otto giorni.
Le Due Sessioni si sono aperte all’insegna della fiducia nel futuro, con il rapporto del governo presentato dal Premier Li Keqiang (foto). La Cina ha in pratica sconfitto il Covid ed è uno dei pochi paesi ad uscirne con una crescita economica, seppur modesta, del 2%. Ma per il 2021 si prevede un 6%, anche questo modesto per gli standard cinesi, ma molto più avanti di altre nazioni. Il governo prevede anche di creare 11 milioni di nuovi posti di lavoro nell’industria. Appena pochi mesi fa, il paese aveva raggiunto l’obiettivo di eliminare completamente la povertà assoluta. Ora la meta è quella di creare i mezzi per rendere questo risultato sostenibile nel lungo termine. Così è stato creato un nuovo dicastero per la rivitalizzazione rurale, per agevolare l’aumento dei livelli di vita nelle regioni rurali, con particolare riguardo a reddito, istruzione, assistenza sanitaria e comunicazioni.
La Cina sta ora entrando nel XIV Piano Quinquennale, che mira a creare un’economia trainata dall’innovazione. Si conta di arrivare a 200 mila chilometri di linee ferroviarie entro il 2035, 70 mila dei quali ad alta velocità – rispettivamente dagli attuali 146 mila e 38 mila – a 460 mila km di strade e circa 25 mila km di idrovie. Un’impresa fenomenale, ma simile a quanto la Cina ha già realizzato. E la chiave sono gli investimenti nella scienza e nella tecnologia, che sono diventati il vero volano dell’economia cinese e hanno permesso queste invidiabili conquiste.
L’aumento delle tensioni tra Cina e USA ha gettato un’ombra sulle celebrazioni. I recenti proclami dell’amministrazione Biden indicano l’intenzione di creare un blocco delle “democrazie” contro Pechino, ma è probabile che siano pochi i paesi entusiasti di aderire ad accordi che danneggerebbero gravemente i loro rapporti con la Cina, dai quali hanno tratto grande beneficio, ancor meno quelli coinvolti nella Belt and Road Initiative.
I leader cinesi sperano davvero di migliorare i rapporti con gli USA, ma non ad ogni costo. Il ministro degli esteri Wang Yi ha dato un forte segnale quando ha aperto la conferenza con la stampa straniera il 7 marzo, affermando la “determinazione di difendere gli interessi nazionali” e di respingere “le interferenze negli affari interni della Cina”. La cooperazione internazionale deve basarsi sul rispetto reciproco e della sovranità altrui, ha detto.