Il presidente cinese Xi Jinping ha annunciato che non parteciperà al gala di Glasgow, pur sottolineando che la Cina lavorerà per raggiungere la “neutralità delle emissioni” entro il 2060. La Cina intende farlo chiudendo gradualmente le vecchie centrali a carbone, sostituendole con quelle più moderne che hanno relativamente poche emissioni di carbonio e aumentando anche l’uso dell’energia nucleare, che ha fondamentalmente zero emissioni. Nel contesto delle recenti carenze di carbone, come abbiamo riferito la scorsa settimana, il 5 ottobre i regolatori governativi di Pechino hanno dato istruzioni alle banche di aumentare il sostegno finanziario per il carbone e la produzione di elettricità e di rispettare il divieto di speculare sulle materie prime.
Poi, il 12 ottobre, il primo ministro Li Keqiang (foto) ha rilasciato una dichiarazione dopo aver presieduto una riunione della Commissione nazionale dell’energia. Mentre in Europa l’argomento viene affrontato con una retorica allarmista, se non catastrofista, Li Keqiang ha presentato un approccio ragionevole, che vale la pena di citare:
“La sicurezza energetica dovrebbe essere la premessa su cui si costruisce un sistema energetico moderno e la capacità di auto-approvvigionamento energetico dovrebbe essere rafforzata…. Dato il posto predominante del carbone nella dotazione energetica e di risorse del paese, è importante ottimizzarne la capacità di produzione, costruire avanzate centrali elettriche a carbone in linea con le esigenze di sviluppo e continuare ad eliminare gradualmente le centrali a carbone obsolete in modo ordinato. Le ricerche di petrolio e gas sul territorio nazionale saranno intensificate”.
Nella dichiarazione Li annuncia di aver commissionato “studi e calcoli approfonditi alla luce della recente gestione delle tensioni nella fornitura di elettricità e carbone, per presentare un calendario graduale e una tabella di marcia per il picco delle emissioni di CO2”. Il NEC ha comunque chiarito che è “impossibile sbarazzarsi dell’energia fossile tradizionale a breve termine”. Al fine di utilizzare l’aumento del prezzo del carbone per “incoraggiare” il risparmio energetico, il governo ha consentito ai prezzi amministrati dell’energia di aumentare fino al 20%.