Il tema dell’immigrazione sta esplodendo non solo nei paesi di frontiera come l’Italia, ma anche nel cuore dell’Europa. Con frequenza crescente si assiste a Berlino alle stesse manifestazioni di quartiere contro i centri accoglienza, costruiti e da costruire, che vediamo a Roma e altre città d’Italia. Col peggiorare della crisi c’è da temere che l’esplosione sociale che inevitabilmente sta covando come conseguenza della disoccupazione di massa e del crollo dei redditi, sfoci nella violenza e in una guerra tra poveri.

Benché in molti ormai abbiano compreso che l’immigrazione deve essere affrontata creando sviluppo e occupazione in Africa, in questi decenni l’Europa ha chiuso gli occhi di fronte ai grandi progetti che soli possono innestare un vero sviluppo. Uno di questi è Transaqua, l’idea di trasferimento idrico dal bacino del Congo al Lago Ciad, sviluppata dal gruppo Bonifica/IRI negli anni ottanta. Non solo la proposta è stata ignorata, ma alla riunione dei paesi donatori lo scorso aprile a Bologna, l’incaricato dell’ONU per il Sahel, Romano Prodi, l’ha ricordata solo grazie al nostro intervento dal pubblico, nonostante egli stesso sia stato a capo dell’IRI per lunghi anni!

L’idea consiste nel trasferire ingenti masse d’acqua dal bacino del Congo a quello del Lago Ciad, rivitalizzando il lago e nel contempo costruendo un’infrastruttura moderna nel cuore dell’Africa. I benefici si propagherebbero all’intero continente, avviando un motore per lo sviluppo continentale.

Transaqua nacque come risposta alla prima, grande crisi del Sahel, dovuta appunto al prosciugamento del Lago Ciad. Quella crisi innescò le ondate migratorie che successivamente sono state aggravate dalle guerre in Nordafrica. Se fosse stato realizzato il progetto dell’IRI, oggi non solo non ci sarebbe il fenomeno delle migrazioni di massa, ma l’Africa vivrebbe un boom economico.

I leader africani non si sono comportati meglio degli europei, spesso elemosinando fondi in quantità appena sufficienti a finanziare piccoli, insignificanti progetti. Recentemente, però, il clima è cambiato. Guardando ai BRICS, gli africani cominciano a capire che la crescita è possibile e in questo contesto un grande progetto come Transaqua è tornato d’attualità. Quando i BRICS stanziano cento miliardi per le infrastrutture eurasiatiche e un paese certamente non ricco come l’Egitto trova le risorse per finanziare il raddoppio del Canale di Suez, cadono le scuse ridicole che non ci sono i fondi per lo sviluppo.

Un rappresentante dell’EIR, Lawrence Freeman, è stato nominato membro del Comitato Scientifico Internazionale della Commissione per il Bacino del Lago Ciad (LCBC), che si è riunito per la prima volta a Ndjamena il 17-18 novembre. Freeman era latore di un messaggio di saluto del Dott. Marcello Vichi, autore di Transaqua, messaggio che ha avuto un forte impatto sui membri del comitato. Il segretario generale della LCBC, Sanasi Imran Abdullahi, ha apprezzato il messaggio e ha sollecitato i membri del comitato a rispondere.

Ecco il testo:

Sig.ri Congressisti,

vogliate gradire un cordiale saluto da chi, da oltre trent’anni, ha cercato di promuovere Transaqua presso i Paesi africani coinvolti in una proposta di sviluppo: “una idea per il Sahel”. Il sottoscritto fu incaricato dell’AD di Bonifica (Società di ingegneria del gruppo IRI-Italstat) di verificare una possibile pre-fattibilità per la costruzione di un nuovo “Nilo artificiale” capace di trasferire alcuni chilometri cubi di acqua dal bacino del Fiume Congo (allora chiamato Zaire), al bacino del Ciad salvando il Lago da essiccamento quasi certo.

La prima analisi cartografica e gli studi idraulici teorici confermarono l’ipotesi che sarebbe stato possibile intercettare dagli alti bacini degli immissari nord orientali del fiume Congo circa 100 milioni di Km3 di acque da riversare nel Lago Ciad, mediante la costruzione di un canale di 2.400 Km circa, senza utilizzo di energia, ma a semplice gravità.

La convinzione del gruppo di esperti era che il “take off” del continente africano non si sarebbe mai potuto verificare limitando gli interventi a tanti piccoli progetti politicamente importanti ma generatori quasi esclusivamente di sussistenza.

Sottrarre 100 milioni di Km3 ai circa 1500 Km3 che mediamente il Fiume Congo annualmente disperde nell’oceano Atlantico ci sembrava anche di compensare una “ingiustizia della natura” che, a fronte di uno sperpero di acqua dolce fra i più importanti del mondo, condannava una parte del Sahel ad una sempre più dura e progressiva siccità.

Infine ci sembrava che la creazione di oltre 2000 Km di trasporto fluviale Sud/Nord nel cuore del continente, la creazione di un “pivot” industriale in piena RCA ed un possibile collegamento autostradale Est/Ovest “coast to coast” con i porti oceanici di Lagos e di Mombasa, unitamente ad una notevole produzione di energia idroelettrica ad uso locale, fossero tutti elementi degni di essere almeno presi in considerazione.

Non è stato così. Perché? Gli stessi Paesi africani interessati non hanno creduto pienamente nell'”idea” e non si sono imposti abbastanza per ottenere dagli Organismi Internazionali il necessario supporto finanziario per verificare la fattibilità tecnico-economica, politico-sociale e ambientale della iniziativa. Non importava sposare aprioristicamente il Progetto, ma solo verificarne la reale fattibilità.

Nonostante questa mancata verifica (il cui costo con i mezzi moderni sarebbe del tutto ragionevole) si è continuato a giudicare il “progetto” una iniziativa megalomane, faraonica, utopica.

Sig.ri Congressisti, non fate che questo vostro Congresso costituisca l’ennesima occasione perduta.

Giocate la carta della utopia perchè i progetti “utopici” ( il canale di Suez non fu a suo tempo meno “utopico” di Transaqua) sono oggi indispensabili per il continente se l’Africa equatoriale vuole veramente scrollarsi di dosso il peso della indigenza endemica e non vuole perdere la corsa allo sviluppo mondiale che altri continenti da tempo hanno iniziato. Alcuni vengono a comprare le vostre risorse, quelle che voi non siete riusciti a sfruttare a vostro vantaggio. Concedetevi un attimo di megalomania! Fatelo nell’interesse dei vostri figli e nipoti.

Che fare?

Credo purtroppo, ma anche per fortuna, che la finanza muova il mondo. Le grandi multinazionali sono sempre pronte a “cooperare” quando sentono odore di buoni affari. Una delle tante strade da percorrere potrebbe essere, se posso permettermi un suggerimento, il tentativo di creare un Consorzio ad hoc fra Stati Sovrani interessati alla verifica dell’Idea Transaqua (Ciad, Niger, Nigeria, Camerun, RCA e quanti altri volessero aderire) e proporsi come partner ad un Consorzio di alcune imprese multinazionali (europee, cinesi, indiane, statunitensi, giapponesi, ecc.) fra le più note al mondo per la realizzazione di grandi lavori in africa. I due Consorzi, uniti in una specie di Impresa Mista Stati africani – Imprese Multinazionali Estere, potrebbero assicurarsi le risorse economiche per promuovere uno Studio di Fattibilità e poi, in caso di esito positivo, una serie di Progetti Preliminari, quindi di Progetti esecutivi ed infine un calendario di Esecuzione Lavori. Sarebbe fondamentale che i “soci fondatori” dell’Impresa Mista si ripartissero chiaramente compiti e responsabilità garantendosi a vicenda le future attività di esecuzione e di gestione per almeno i prossimi 20 anni.

Mi rendo conto che l’approccio non è né semplice, né facile, ma neppure semplici e facili sono i problemi del Continente. A mio avviso varrebbe la pena tentare.

Grazie,

Marcello Vichi

Roma 13.11.2014

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